Nel
2014 venne a trovarmi p. Isidoro Murciego, Trinitario, con il quale anni prima
avevo lavorato per l’Associazione dell’Unione dei Membri delle Curie Generalizie.
Da poco era stato nominato responsabile dell’associazione dei laici e degli
Istituti religiosi legati ai Trinitari. “Perché, mi disse, non raduniamo alcuni
quelli che nelle Curie generalizie sono incaricati di seguire i laici? Potremo
così scambiarci le esperienze, i progetti…” Io, gli risposi: “Sono alla casa
generalizia, ma non sono un membro del consiglio generale e da noi non c’è un
consigliere incaricato espressamente dei laici”. “Ma tu, mi disse, sei un
focolarino e quindi sai costruire unità tra persone tanto diverse. Bontà sua!”
Cominciarono
così, nella nostra casa generalizia, gli incontri con alcuni di questi
incaricati dei laici. Prima una ventina, poi una trentina… E perché non
chiamare anche le suore che hanno esperienze analoghe? Dopo due anni eravamo
così tanti che non c’era più posto a casa nostra. Andammo dai Fratelli delle
Scuola Cristiane e alla prima riunione eravamo già 200. E perché non chiamare
anche i laici interessati?
P.
Isidoro Murciego insisteva nel chiamare “Famiglia spirituale” le diverse
“galassie” attorno al carisma. Io dicevo: Meglio parlare di “Famiglia
carismatica”. Di lì a poco esce la lettera del Papa per l’Anno della Vita
consacrata e parla di “Famiglie carismatiche”. Chissà chi ha suggerito al Papa
questa parola…
Pensare
a una famiglia carismatica oblata ci permette di pensare in grande, senza
steccati, senza gerarchie. Anche nel mondo oblato ci sono tanti gruppi di laici,
altri laici che non sono associati attraverso strutture organizzative e che
pure si sentono parte della famiglia. Dovremmo permettere a tutti di sentirsi a
casa. Non possiamo poi dimenticare che fanno parte della famiglia anche membri
di Istituti di vita consacrata, come le COMI, le OMMI… Dobbiamo avere un
respiro largo.
Le
modalità di vivere e condividere il carisma devono rimanere ampie, aperte,
altrimenti direbbe Papa Francesco, riprendendo le sue parole di Evangelii
gaudium,
nasce «un gruppo esclusivo, un gruppo di élite».
Questa
apertura non è soltanto all’interno della famiglia carismatica, ma è molto più
ampia, tra le diverse famiglie carismatiche, un’autentica comunione tra carismi
diversi e quindi, tra l’altro, tra gruppi laicali diversi, ispirare da carismi
diversi.
Mi
sembra importante quello che il Papa raccomanda al riguardo, sempre nella
Lettera d’indizione per l’anno della vita consacrata: «Mi aspetto che cresca la
comunione tra i membri dei diversi Istituti. Non potrebbe essere quest’Anno
l’occasione per uscire con maggior coraggio dai confini del proprio Istituto
per elaborare insieme, a livello locale e globale, progetti comuni di
formazione, di evangelizzazione, di interventi sociali? In questo modo potrà
essere offerta più efficacemente una reale testimonianza profetica. La
comunione e l’incontro fra differenti carismi e vocazioni è un cammino di
speranza. Nessuno costruisce il futuro isolandosi, né solo con le proprie
forze, ma riconoscendosi nella verità di una comunione che sempre si apre
all’incontro, al dialogo, all’ascolto, all’aiuto reciproco e ci preserva dalla
malattia dell’autoreferenzialità».
Il
marchio oblato è identitario, ma non escludente. Pensiamo alla felice
esperienza che abbiamo ormai da moltissimi anni, delle missioni al popolo
organizzare dagli Oblati e capaci di coinvolgere attivamente persone di altri
carismi. Oppure pensiamo al rapporto importate c’è stato e che c’è con i laici
del Movimento dei Focolari. Tutto questo non ha mortificato, ma potenziato la
nostra esperienza e la nostra identità, così come i membri degli altri gruppi.
Ci
sono persone del laicato oblato che hanno lavorato e lavorano con altre
espressioni carismatiche, dall’Azione cattolica alla San Vincenzo, dai gruppi
di preghiera di Padre Pio al Rinnovamento nello Spirito. Io spero che non si
pongano degli aut aut, ma dei et et, per giungere – come afferma il Papa – a “una
comunione che sempre si apre all’incontro, al dialogo, all’ascolto, all’aiuto
reciproco e ci preserva dalla malattia dell’autoreferenzialità”. In una società
così frazionata e con problemi giganteschi, cosa facciamo da soli? Perché
invece di tanti partitini gelosi e fazioni, non potenziamo il fronte comune?
Alcuni
pensieri che vorrei comunicare sabato al Congresso dei laici Oblati iniziato questa sera a Sassone.
Mi piace molto!
RispondiElimina