venerdì 8 settembre 2023

Per essere missionari occorre essere Oblati!


Gesù «ne costituì Dodici che stessero con lui e anche per mandarli a predicare…» (Marco 3,13-19). È quello che è accaduto anche oggi, nella nostra cappella. E questa volta ne ha chiamati più di 12.

«Ed essi vennero a lui» – pros autón, presso di lui, dove pros sta ad indicare una intimità che viene a crearsi. La condizione dei Dodici è mutata, non sono più tra la folla. Ora sono attorno a Gesù. Il movimento fisico che li fa passare dalla folla a Gesù è indice di una radicale trasformazione dei loro rapporti con il Maestro. Ormai la loro identità è data dallo stare con lui. Infatti li ha chiamati a sé perché stessero con lui, perché avessero con lui una relazione stabile, permanente, esclusiva, che si traduce in una comunanza fisica di vita: l'uso del verbo essere e il suo impiego al congiuntivo: hina osin, indicano la stabilità: “affinché stessero stabilmente con lui”.

Questa relazione fisica fa intravedere un più profondo atteggiamento interiore che Giovanni nel suo Vangelo traduce con “essere”, “dimorare”, “rimanere” reciproco tra Cristo e i discepoli, che introduce a sua volta nel rapporto di intimità ineffabile che unisce il Figlio al Padre.

Anche i nostri giovani che questa mattina hanno rinnovato dei loro voti, “stanno” con Gesù. È una scelta gratuita, quella che Gesù fa di loro, perché li ama , li pensa , li “sogna” da sempre. Con la sua chiamata Gesù rivela l’amore infinito ed eterno che Dio ha per ognuno di noi. Sì, “stare” con lui. 

Dopo la chiamata i Dodici camminano con lui, mangiano con lui, riposano con lui, ascoltano le sue parole, condividono il suo stesso destino… Il loro primo compito non è dunque andare a predicare, ma “stare” con Gesù! Stare: non un episodio passeggero o saltuario; un’autentica comunione di vita, che diventa conoscenza profonda, intimità… Il rapporto è reciproco: Gesù sta, è, dimora, rimane con i discepoli e i discepoli a loro volta sono chiamati a stare, dimorare, rimanere con lui.

E li manda… 

Se il nostro agire apostolico vuole essere l’agire di Cristo, dobbiamo vivere l’essere in Cristo, la docilità al suo Spirito. Prima di mandare Gesù vuole dunque essere sicuro che colui che è “mandato” sia strettamente legato alla sua persona, perché la missione che gli affida – la sua stessa missione – è lui stesso a compierla. Per portar frutto occorre essere pienamente innestati in lui come un tralcio nella vite (cf. Gv 15, 1-8).

Per essere missionari… occorre essere Oblati!

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