mercoledì 13 settembre 2023

L’utopia della parrocchia oblata

 


La parrocchia del SS. Crocifisso è stata affidata agli Oblati di Maria Immacolata nel lontano 1957. Quest’anno i superiori, nell’impossibilità di garantire un personale sufficiente a causa dello scarso numero di vocazioni, hanno deciso di riconsegnarla alla diocesi. Giovedì 14 settembre alla messa delle 19 il saluto ufficiale ai sacerdoti ancora presenti. Quanti ricordi! A cominciare dall’indimenticabile visita di Giovanni Paolo II.

Casualmente proprio oggi ritrovo una lunga relazione che ho tenuto quarant’anni fa, esattamente il 9 settembre 1982, a un Convegno sulla parrocchia oblata, che si svolgeva a Villa Cavalletti a Frascati. Leggendola mi rendo conto di quanto fossi giovane e con grandi utopie, tipiche dei giovani.

Riporto soltanto i tratti che allora mi sembravano dovessero caratterizzare una parrocchia che volesse attualizzare la missione propria del carisma oblato:

1. Essa deve essere luogo di evangelizzazione permanen­te dei più poveri e dei più abbandonati. Occorre quindi che, anche dal punto di vista geografico, la parrocchia sia posta in mezzo a coloro che sono abbandonati religiosamente e socialmen­te, o comunque deve prendersi cura prevalentemente dei non cre­denti, dei non praticanti, dei vecchi e nuovi poveri quali i malati, gli anziani, i giovani drogati, ecc.

Anche nel campo parrocchiale gli Oblati devono essere “gli specialisti delle missioni difficili”. In una diocesi o in una regione essi devono scegliere, fedeli alla loro natura, gli ambienti più difficili. In proposito, subito dopo l’ultima guerra, quando gli Oblati si indirizzavano sempre più verso le par­rocchie, il Capitolo Generale del 1947 così si esprimeva: “Se si crede opportuno accettare le parrocchie, che queste siano soprattutto parrocchie ‘popolari’ e periferiche, piuttosto che citta­dine o ricche. La preoccupazione del Capitolo è sempre quella di mantenere la Congregazione nello spirito della sua vocazione e nella fedeltà ai suoi fini: ‘Evangelizare pauperibus misit me’”.

2. Deve porsi all’avanguardia della pastorale diocesana nel campo dell’evangelizzazione. Per quella “audacia nell’aprire strade nuove” che deve caratterizzare l’evangelizzazione oblata, la parrocchia affidata alla Congregazione dovrebbe possedere un dinamismo missionario creativo, capace di raggiungere lontani, di favorire i diversi ministeri, di sviluppare la catechesi in tutti i diversi settori, la formazione dei laici, di costruire una autentica comunità cristiana in grado di dare il suo po­sitivo contributo nel campo sociale e politico. Mi sembra rimangano particolarmente indicative la parole di Paolo VI indirizzate a noi Oblati: “Og­gi come ieri voi avete davanti una missione nello stesso tempo difficile ed esaltante. Abbiate a cuore di fare opera costruttiva. Suscitate comunità di credenti, di apostoli, di santi che, a loro volta, siano lievito nella pasta”.

3. Deve possedere una dimensione “cattolica”, missiona­ria. La parrocchia oblata, a differenza di quella affidata al clero diocesano, è guidata da uomini che fanno parte di una fa­miglia religiosa internazionale, i cui membri lavorano nelle missioni ad gentes. Questo carattere missionario deve essere impresso come un elemento caratteristico nella parrocchia oblata. Se è vero che tutta la Chiesa è missionaria, in una parrocchia oblata questo deve essere percepito e vissuto con maggiore coscienza e con conseguenti scelte pastorali ed operative, quali ad esem­pio contatti con i missionari, gemellaggi con le giovani Chiese, volontariato, eoe., che abbiano una positiva eco in tutta la diocesi e siano di stimolo per le altre comunità parrocchiali.

4. Oltre a questo carattere missionario potrebbe esservi anche una effettiva apertura della comunità legata alla parrocchia, verso tutta la zona circostante, in modo che diven­ti centro di irradiazione che vada al di là dell’ambito parroc­chiale. Di qui la condizione ottimale - di cui abbiamo numerosi esempi fin dall’inizio della Congregazione ed anche adesso - di una comunità a cui è affidata sia la parrocchia sia l’animazio­ne missionaria della regione. Lo stesso laicato della parrocchia potrebbe essere coinvolto in questo più ampio raggio apostolico, che diventerebbe co si un ulteriore strumento di formazione nei suoi riguardi.

5. Tutta la comunità oblata è chiamata a contribuire al ministero parrocchiale secondo i ruoli e le competenze proprie ad ognu­no. Anche se giuridicamente e in pratica la responsabilità e la principale attività è affidata prevalentemente al parroco e al­l’uno o l’altro membro della comunità, tutta la comunità è impegnata nella programmazione, nell’animazione, nella verifica, così come avviene in ogni altro ministero: “Siamo tutti responsa­bili in solido della vita e dell’apostolato della comunità” (C 87).

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