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settembre. I nostri giovani studenti rinnovano i voti. Come ogni anno sono
chiamato ad aiutarli nella preparazione. Ho pensato di ricordare gli inizi,
quelli dei primi discepoli, i nostri inizi…
“Nostro Signore Gesù
Cristo, quando venne la pienezza dei tempi, fu inviato dal Padre, ricolmo di
Spirito, "per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai
prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli
oppressi, e predicare un anno di grazia del Signore" (Lc 4,18-19). Chiamò
dei discepoli a prendere parte alla sua missione, e da allora, nella sua Chiesa,
non cessa di chiamare alcuni uomini alla sua sequela”. Così inizia l’Introduzione
delle nostre Costituzioni e Regole (p. 11). La Prefazione, scritta da sant’Eugenio,
spiega poi come si esercita l’opera dell’evangelizzazione a cui siamo chiamati:
dobbiamo «insegnare (“apprendre”, in francese) … chi è Gesù Cristo». Si tratta
di un verbo caro a sant’Eugenio, che aveva impiegato anche nella predicazione
della Quaresima del 1813: “Venite da me è vi insegnerà chi è Gesù Cristo…”. “Ap-prendre”
indica “fare proprio” quanto viene insegnato.
La missione
oblata ha come fine far conoscere Gesù Cristo, portare le persone fino
all’esperienza di un rapporto personale, fino a farlo amare, come sant’Eugenio
raccomandava ad esempio a p. Viala: «Insistete nel far conoscere Gesù Cristo e
farlo amare: parlate spesso di questo divin Salvatore e di quel che ha fatto
per salvare gli uomini, fate loro prendere la decisione di non lasciar mai
passare un giorno senza pregare» (17 gennaio 1849).
Sant’Eugenio
era divenuto missionario per condividere la propria esperienza di Cristo
Salvatore. Egli può dire, come nell’incipit della Prima Lettera di
Giovanni: «Ciò che abbiamo visto, udito, toccato… lo annunciamo a voi» (1,
1-4). Per lui il messaggio è intimamente legato al messaggero.
«Che
cosa fece Nostro Signore Gesù Cristo quando volle conquistare il mondo? - si
domanda in proposito nell’accingersi a scrivere la Regola -. Scelse alcuni
apostoli e discepoli, li formò alla pietà e li riempì del suo Spirito. Dopo
averli fatti crescere alla sua scuola, li inviò alla conquista del mondo, che
presto avrebbero sottomesso alle sue sante leggi». Lo stesso deve ripetersi
adesso: occorrono «uomini che vogliono camminare sulle orme di Gesù Cristo,
loro divino Maestro, per conquistargli tante anime che hanno scosso il suo
giogo».
Perché
l’oblazione? Per essere autenticamente missionari. Non si può annunciare Gesù
se non lo si conosce, se non si ha un’esperienza personale profonda con lui.
Gli apostoli, secondo sant’Eugenio, ce lo insegnano, essi che sono i primi
Oblati.
È quello
che avvenne agli inizi.
«Giovanni
stava ancora là con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che
passava, disse: "Ecco l'agnello di Dio!". E i suoi due discepoli,
sentendolo parlare così, seguirono Gesù. Gesù allora si voltò e, osservando che
essi lo seguivano, disse loro: "Che cosa cercate?". Gli risposero:
"Rabbì - che, tradotto, significa Maestro -, dove dimori?". Disse
loro: "Venite a vedrete". Andarono dunque e videro dove egli dimorava
e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio» (Giovanni 1, 35-39). Seguendo l’indicazione di
Giovanni i primi due discepoli seguono Gesù. Qui il verbo ha proprio il senso
letterale di seguire, mentre abitualmente nel Vangelo di Giovanni indica
l’adesione di fede: cf. 8,12, 12, 36, 10,48.
Fino
ad allora silenziosi, i discepoli sono provocati da una domanda del Maestro – “Che cercate?” – che li aiuta a prendere
maggiore coscienza della motivazione che li ha messi sulle sue tracce: “Rabbì,
dove abiti?”. Nel Vangelo di Giovanni il verbo menein (dimorare) ha un
significato più ricco del semplice “abitare”. Esso significa: qual è la tua
vita, il tuo modo di esistere, il mistero della tua persona?
Dietro
l’invito del Maestro – “Venite a vedere”
– la scoperta della sua identità, già iniziata con l’indicazione di Giovanni,
comincia a diventare un'esperienza concreta in un crescendo progressivo
affidato a tre verbi: andarono, videro, si fermarono. Essi
tracciano una specie di itinerario alla ricerca della vocazione e a un approdo
certo. La sequela (andarono, un verbo
che indica adesione
a Gesù, percorrendo il suo stesso cammino) porta ad accertarsi di persona di chi è Gesù: videro, un verbo carico di
significato in Giovanni: è l’illuminazione. Si tratta di un’autentica esperienza, secondo il significato
del
verbo latino ex-pèrior, che
letteralmente significa passare attraverso, penetrare: accertarsi viaggiando,
recandosi sul posto.
Che non si tratti di un’esperienza superficiale è attestato dal terzo verbo: si fermarono, a indicare l’instaurarsi
di una relazione stabile, una comunanza di vita e di destino, una
profonda comunione.
Come
non ricordare, al riguardo, il verbo “dimorare”, di grande intensità nel
lessico giovanneo?
Non
potrebbe essere questa la nostra preghiera? “Maestro, dive abiti?”. È vivo il
desiderio di conoscere Gesù, di stare con lui?
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