50
anni fa l’inizio dello Scolasticato a Vermicino. Un momento epico. I superiori
avevano deciso di trasferire lo Scolasticato da san Giorgio Canavese (Torino),
gloriosa sede storica, a Frascati, sui Castelli Romani. Una decisione sofferta
e che fece soffrire molti. Una decisione che ormai si era resa necessaria. La
vita nuova che era nata a Marino doveva essere posta in condizione di
continuare e di crescere.
Fu
così che, nel giugno 1973, con una gioia indicibile, alla guida del pulmino
russo, approdai con i miei compagni alla nuova casa di Vermicino. A me sembrava
un sogno poter ormai vivere, anche in maniera aperta ed esplicita, la vita d’unità
che avevamo imparato a Marino. Arrivammo che sembravamo di ritorno da una
guerra, con qualche ferite e lacerazioni nell’anima, ma con il desiderio grande di
ricominciare. Ci accoglievano p. Santino e p. Angelo, e soprattutto il Cuore
Immacolato di Maria, a cui la casa era dedicata. Quella scritta che campeggia
sulla porta d’ingresso, “Al Cuore Immacolato di Maria”, è sempre stata per me
la dedicazione vera della casa e di ognuno di noi che in questa casa abbiamo
abitato. Ci accoglievano, in maniera silenziosa e mariana, anche le Suore
Francescane dei poveri, che da allora ci hanno sempre seguito e sostenuto con
un amore di sorelle vere.
La presenza oblata era stata avviata l’anno precedente, con i giovani padri che facevano l’anno di pastorale, sotto la guida di p. Angelo Dal Bello. Ora si apriva ufficialmente la comunità e diventava sede dello Scolasticato. Poco dopo, a Vallada, sulle Dolomiti, iniziò il periodo delle vacanze comunitarie, ripetutosi per diversi anni: un’autentica scuola di vita.
Ed eccoci a settembre 1973, quando cominci ufficialmente il nuovo anno… Ci siamo messi a costruire la nuova comunità. Tutto era nuovo, tutto una scoperta: i rapporti di unità, i piccoli gruppi costituiti secondo i sette aspetti di vita, le relazioni all’esterno con la casa generalizia, con le altre comunità della Provincia, con personalità di altre Chiese, con le varie realtà dell’Opera di Maria... Vermicino in quei primi anni sembrava un cantiere in costante evoluzione.
Indelebili, i ricordi dei contatti con personalità del mondo ecumenico che hanno condiviso la nostra vita in comunità, ma soprattutto quelli con Paolo VI. Eravamo al mare, a Torvaianica, quando un signore poco distante con la sua famiglia, ci ha chiamato chiedendoci chi eravamo. Era Franco Ghezzi, segretario del Papa. Da allora è nato un profondo rapporto di amicizia, che ci ha consentito di prestare servizio in san Pietro e di avere diversi contatti con Paolo VI. Ho svolto nella basilica il ministero di lettore, come diacono ho letto la Passione la domenica della Palme assieme a Celso e Rino, e ho svolto il servizio liturgico al Sinodo nella Cappella Sistina…
Il
diario di p. Santino, il primo superiore, ci consente di rivivere un po’ il
clima e le idealità di quegli inizi. Il 28 luglio 1973 leggiamo:
«Da
quale angolatura bisogna partire per penetrare nel “mistero” della vita comunitaria?
Dalla vita della Trinità, dal perenne mutuo dono di sé tra le persone della Santissima
Trinità che sono l’“imago” secondo cui il mondo è stato creato e il termine della
vita dell’uomo chiamato, in Cristo, a partecipare della vita della famiglia divina
in cui Maria è la prima creatura ad essere pienamente partecipe. (…) Per questo
mi viene da pensare che la vita di comunità - con Dio e con i fratelli per vocazioni
- sia carità consumata e che nell’ordine dell’incarnazione si possa dire della comunità
religiosa quello che Paolo dice della carità nel capitolo XIII della prima ai Corinti.
Per cui se non c’è questa carità consumata tutte le realtà che costituiscono o scaturiscono
dalla vita religiosa sono o possono essere cembalo risonante, anche i voti (l’aver
dato tutto ai poveri...).
La
comunione è una realtà di tutto il popolo di Dio. Ma nella vita religiosa c’è anche
l’aspetto di “segno” nel realizzare la sequela di Cristo, un segno all’interno del
popolo di Dio e, in quanto carisma, per il bene di tutto il popolo di Dio. Un segno
della sua realtà futura, quando Dio è tutto in tutti e Cristo Signore ha riconsegnato
al Padre l’universo, quando l’unità, che Gesù ha chiesto al Padre, sarà realtà piena
nella comunione con le persone divine. (…) la vita religiosa acquista una luce e
un “sapore” nuovo e tutto in una logica divina nata non dalla intelligenza dell’uomo,
ma dallo Spirito.
E
allora la Chiesa, Maria, ogni aspetto della vita del popolo di Dio e dell’uomo acquisterà
un significato come se li gustassi e li conoscessi dal di dentro, non realtà e persone
che appartengono ad un altro mondo, ma tu sei della loro casa.
Siccome
noi siamo umanità, parte dell’umanità ma solidali con tutti gli uomini, un atto
di bontà, un atto di giustizia che compio fa crescere - di poco sia pure - tutta
l’umanità, le fa fare un passetto avanti.
Ringrazio
il Signore di avermi chiamato alla vita religiosa ed affido a Maria ogni cosa perché
mi sia madre e maestra e mi conceda di riviverla per essere anch’io come lei parola
di Dio vissuta e trasparenza del Figlio».
Grazie Fabio! Non ho resistito... ho letto d'un colpo quanto scrivi!
RispondiEliminaSì, iniziava anche per me la "divina avventura"!
Come non poter rileggere quegli anni... 50 e non sono pochi e ringraziare Dio e Chiara Lubich!
Lei è stata per noi tutti una lente di ingrandimento per farci vivere nella pienezza i nostri rispettivi Carismi.
Gli inizi sono sempre pieni di tanta luce e forza che ancora oggi ci spinge a non temere.
Grazie ancora!
Anche Casetta Nova questo mese, festeggia i 50 anni!
Bellissimo, lode e gloria a Dio di ogni ben fatto!
Che bello, ancora oggi quegli inizi ci riportano ad opzioni fondamentali della nostra vita di tutti i giorni Dio, Dio al primo posto e i fratelli in Lui. Grazie Dio, grazie p. Oblati, grazie Francescane dei poveri... Grazie Chiara
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