Si sentiva prossimo alla fine. Si metteva per tempo seduto
davanti alla cella, per gustare con calma il lento tramonto del sole, sempre
luminoso, sempre gioioso, quasi una anticipazione del proprio tramonto. C’erano
stati tanti sbagli nel passato, ma apa Pafnunzio non li teneva più in
considerazione, assorbiti dalla misericordia di Dio. Aveva compiuto anche tante
opere buone grazie all’amore del Padre che, radice sempre viva e feconda, lo
faceva fruttificare. Erano un dono di Dio. Di suo in mano non aveva niente. Avanti
negli anni avrebbe dovuto essere avanti anche sulla via della santità, ma forse
aveva perduto il sentiero.
Davanti al sole del tramonto gli venne allora un’invocazione:
“Maestro, dove abiti?”. Era una domanda che andava bene per chi inizia il
cammino, adatta ad Andrea e al suo amico non ancora discepoli. La domanda degli
inizi. Era la domanda giusta di apa Pafunzio, che si accorgeva di non sapere
niente del Maestro, o troppo poco. Era la domanda più indovinata in quel
momento, per cominciare di nuovo, dall’inizio.
“Maestro, dove abiti?”. Era una domanda un po’
impacciata, come dovette essere quella dei due lungo il fiume Giordano.
“Vieni a vedere”. La risposta, prima che nelle parole,
stava in quello sguardo luminoso, pieno di festa. Sembrava gli dessi gioia, con
quella domanda, quasi la stesse aspettando, desideroso lui di mostrarti più che
tu di conoscerlo. “Vieni a vedere”. E lo porta con sé…
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