Oggi, festa di santa Chiara, abbiamo ricordato l’onomastico
di Chiara Lubich che eravamo solitici celebrare ogni anno.
Così, con i vescovi, sempre al santuario Sameiro di Braga, ho ripreso la seconda parte dell’incontro parlando dell’esperienza di preghiera di Chiara Lubich. La preghiera è la stessa per tutti i cristiani, è quella che ha insegnato Gesù, è la preghiera della Chiesa. Eppure come l’unica spiritualità cristiana si esprime in tante spiritualità, così la preghiera può avere accenti diversi, ispirati dai carismi che la animano. Qual è dunque la preghiera nel carisma di Chiara? È arduo descriverla, ma ho provato, semplicemente, aiutandomi con quattro foto, come già ho fatto altre volte.
Prima foto: in profondità nel rapporto con Dio
L’ho vista pregare in maniera semplice e spontanea, quando ci guidava nella visita a Gesù Eucaristia, nella recita del rosario, nella visita a un santuario. Pur essendo il suo “segreto”, più volte ci ha fatto entrare nell’intimità della sua preghiera nella quale sapeva coinvolgere tutti noi.
Potremmo percorrere il cammino della sua vita alla ricerca
dei suoi tanti momenti di preghiera. La vedremmo entrare in una chiesa,
ritirarsi nel suo studio o nella cappella di casa, fermarsi a contemplare la
natura o perduta nella folla dove sempre trova Dio…
Il momento della preghiera era per lei «il momento più bello», «il momento migliore» della
giornata. Durante un suo viaggio in
Argentina, il 23 aprile 1964, annota nel diario:
Oggi è senz’altro il giorno
più bello, o meglio, questo è il momento
migliore di tutto il viaggio: sto scrivendo infatti in focolare,
davanti a Te, Gesù Eucaristia, nella piccola cappella.
Pensando poi ai giorni precedenti trascorsi a New York e ai grattacieli della città, continua:
Non siamo qui a chissà quale
piano d’un grattacielo (...), non solo al settimo cielo, ma in cielo. E si “sente” la tua presenza, Gesù, in questa casa, così forte da far scomparire ogni
altra presenza.
Chiara ci ha lasciato tante preghiere scritte. Sono espressione
di un sincero rapporto personale con Dio, animato dal desiderio di vivere l’intera
vita nell’amore per Lui. Basterà
leggere questa:
Sì, Gesù, so che nella vita, in ogni attimo della vita
conta solo amarTi. Vorrei poterTi dire, alla fine della vita (che può esser presto o tardi):
«T’ho sempre amato». Non so che dirTi,
Signore; provo a leggere, a far
meditazione, ma debbo smettere per star
con Te: ho bisogno di Te, Signore perché tutto
il resto che
faccio (ed è una vita consacrata la mia) mi
sembra tutto vuoto. Ho bisogno di Te per riveder la mia vita con Te, per far
con Te i miei, tuoi calcoli, per stare
con Te, ma non inattiva, ma con Te. Per
dar senso poi quando dovrò tornar fuori. (Diario, 19 maggio 1966)
Il rapporto che Chiara ha
con Dio non consiste nel molto parlare, ma nel molto amare, va
ben al di là delle preghiere:
Gesù, quando tu vieni nel nostro cuore, sarebbe l’ora di chiederti tante cose. Ma proprio
perché Tu in persona vieni nel nostro
cuore, è l’ora in cui non abbiamo da
chiederti più nulla. (Pensieri, p. 14)
Ed ecco che la meditazione
le diventa come un profumo che sparge fragranza lungo tutta la giornata:
Praticamente è diventata un vero colloquio, non un soliloquio. Infatti, mi sento ascoltata e
mi s’innamora tutta l’anima. È come aprire una bottiglia di profumo che sparge
la sua fragranza su tutta la giornata,
perché cerco di farla la mattina la meditazione. (Diario, 26 giugno 1978)
Occorrerebbe scrive una
biografia di Chiara come rapporto d’amore con il suo Sposo, come preghiera. Ci consentirebbe
di penetrare un po’ il suo segreto colloquio con Dio, come in questa famosa pagina
di diario:
La Trinità dentro di me!
L’abisso dentro di me! L’immenso
dentro di me!
La voragine d’amore dentro di me! Il Padre
che Gesù ci ha annunciato dentro di me!
Il Verbo!
Lo Spirito Santo, che voglio sempre avere
per servire l’Opera, dentro di me!
Non domando di meglio. Voglio
vivere in questo abisso, perdermi in questo sole, convivere con la Vita
Eterna. (22 maggio 1972)
A questa focolarina
vorrei poter mandare la foto che ho fatto vedere prima, o questa, del 10
gennaio 2003, che la ritrae sempre alla Scuola Abbà (sono i momenti in cui
potevo fotografarla…). Oppure leggere con lei e commentare questa semplice
frase che trovo nel diario del 27 settembre 1965: «Cos’è questo: “Debbo convertirmi”? Questo
“vivere dentro”, questo “vivere nel soggiorno trinitario, preludio della vita
che verrà”, se non desiderare, mio Dio, di metterti ogni minuto al primo posto
per ordinare la carità in noi?».
Tutti contemplativi,
nel Movimento dei Focolari? Sì, ma al modo “focolarino”. Ed ecco la seconda
foto.
Seconda foto: Pregare in città
“Passo per Roma - leggiamo in un suo famoso scritto del 1950,
Resurrezione di Roma - e non la voglio guardare. Guardo il mondo che è
dentro di me e m’attacco a ciò che ha essere e valore. Mi faccio un tutt’uno
con la Trinità che riposa nell’anima mia, illuminandola d’eterna Luce e
riempiendola di tutto il Cielo popolato di santi e d’angeli, che, non asserviti
a spazio e a tempo, possono trovarsi raccolti tutti con i Tre in unità d’amore
nel mio piccolo essere”.
Chiara rinuncia alla città – “non la voglio guardare” –,
alla sua laicità? No. Quel “non guardare” è solo il primo momento, quasi un
prendere la rincorsa – entrando nell’interiorità del proprio cuore abitato
dalla Trinità – per lanciarsi fuori, nel mondo, ma con uno sguardo nuovo,
quello che nasce dal rapporto intimo e personale con Gesù, dalla preghiera
profonda:
guardo al mondo e alle cose; però non più io guardo, è
Cristo che guarda in me e rivede ciechi da illuminare e muti da far parlare e
storpi da far camminare. (…) Cosicché riaprendo gli occhi sul di fuori vedo
l’umanità con l’occhio di Dio che tutto crede perché è Amore. (Paradiso’49,
ottobre 1949)
Chiara può dunque trovare Dio ovunque perché la sua
preghiera la porta in un costante rapporto con Dio, non è confinata nei momenti
dedicati esplicitamente alle preghiere: tutta la sua vita lentamente diventa preghiera.
C’è un “dentro” e un “fuori”, in un gioco costante di reciproco rimando.
Anche 15 anni più tardi, il 4 aprile 1965, proprio mentre si
trova ancora per le strade di Roma (in quel periodo vive in via Valnerina),
scrive:
Qualcuno mi chiama con veemenza in fondo all’anima ad
unirmi a Sé.
Sei Tu, mio Dio, al cui pensiero anche in mezzo a Via
Veneto, a Corso d’Italia, dovunque, mi si commuove l’anima fino nel profondo.
E c’è un’oasi in essa, che m’attira come l’unico regno di
pace, d’amore... ma così diversa, così diversa dal resto! Mi chiami, mi
richiami, mi attiri, mi vuoi! Come sei il Solo per l’anima, quando l’anima è in
questa disposizione! E come, con Te, si vedono grandi i peccati, le
imperfezioni, le parole in più. Perdono, mio Dio!
Quest’unione attendevo, ché altro fine non ha l’unità
nostra con chicchessia, sia pure col Santo tuo Vicario, che quello d’aumentare
l’unione con Te.
E a Te chiedo per lui la massima gloria, la santità.
Chiara passeggia per via Veneto, per Corso Italia, per via Condotti. E non cammina a volto basso, ad occhi chiusi. Non cerca un raccoglimento esteriore, non teme «il chiasso esterno della radio aperta a tutto spiano, dell’inquilino accanto, e lo strepito delle macchine, o l’urlo degli strilloni»; non è neppure attratta dalla forma claustrale di vita, che pure stima moltissimo e ammira, convinta che «anche la mia casa può avere il profumo del chiostro; anche le pareti del mio abitato possono divenire regno di pace». La sua preghiera, il raccoglimento interiore, li avvertiva come frutto dell’azione di Dio, che vuole prendere possesso della sua persona intera, «muovere i miei atti, permeare della sua luce il mio pensiero, accendere la mia volontà, darmi la legge insomma del mio stare e del mio andare». Dio, afferma,
saprà dare anche a queste mura l’importanza di un’abbazia e a questa stanza la sacralità di una chiesa, al mio seder a mensa la dolcezza di un rito, alle mie vesti il profumo di un abito benedetto, al suono della porta o del telefono la nota gioiosa di un incontro con i fratelli, che rompe, eppur continua il colloquio con Dio.
In definitiva, «Cristo sarà il mio chiostro, il Cristo del
mio cuore, Cristo in mezzo ai cuori» (Meditazioni, 2020, p. 82).
Terza foto: La preghiera per il fratello e l’unione con
Dio che nasce dal fratello
Gesù per pregare ci chiede di entrare nella cella della
nostra anima perché lì egli abita. Ma se abita nella mia cella interiore, abita
anche nella cella dell’altro. E per la strada quanti Gesù incontriamo!
Ecco il famoso testo, che abbiamo intitolato “Guardare tutti
i fiori”, del 6 novembre 1949:
Dio che è in me, che ha plasmato la mia anima, che vi
riposa in Trinità (con i santi e con gli Angeli), è anche nel cuore dei
fratelli. Non è ragionevole che io Lo ami solo in me... Dunque la mia cella...
il mio Cielo, è in me e come in me nell’anima dei fratelli. E come Lo amo in
me, raccogliendomi in esso – quando sono sola –, così Lo amo nel fratello
quando egli è presso di me.
L’altro non è una distrazione, ma l’occasione per un nuovo
incontro con Dio.
Consapevole di ciò Chiara nella sua preghiera domanda innanzitutto
un cuore grande, sulla misura di quello di Dio, per poter amare ogni persona
con l’amore stesso di Dio. Così in una delle sue più belle preghiere:
Signore, dammi tutti i soli… Ho sentito nel mio cuore la
passione che invade il tuo per tutto l’abbandono in cui nuota il mondo intero.
Amo ogni essere ammalato e solo: anche le piante sofferenti mi fanno pena…,
anche gli animali soli. Chi consola il loro pianto? Chi compiange la loro morte
lenta? E chi stringe al proprio cuore il cuore disperato? Dammi, mio Dio, d’essere
nel mondo il sacramento tangibile del tuo Amore, del tuo essere Amore: d’essere
le braccia tue che stringono a sé e consumano in amore tutta la solitudine del
mondo. (Meditazioni, p. 28)
Si vive dentro di sé – “vivere dentro” è un’espressione
tipica di Chiara, frutto della sua esperienza di preghiera – e si vive “fuori
di sé”, un’altra espressione tipica di Chiara. La preghiera è vivere dentro e
vivere fuori: una dinamica esigente, ma è forse la novità della preghiera del
Movimento dei Focolari. È l’immagine dei “due fuochi”: «Dio dentro di noi, Gesù
in mezzo a noi».
Il frutto di questo movimento – dentro-fuori, Gesù in
noi-Gesù in mezzo a noi – è bene espresso in un testo che conosciamo a memoria:
Allora l’anima, quando tutto il giorno volentieri ha
perso il Dio in sé per trasferirsi nel Dio nel fratello (ché l’uno è uguale
all’altro come due fiori di quel giardino sono opera dell’identico fattore) ed
avrà fatto ciò per Gesù Abbandonato che lascia Iddio per Iddio (e proprio Dio
in sé per il Dio presente o nascituro nel fratello…), ritornata su se stessa o
meglio sul Dio in sé (perché sola nella preghiera o nella meditazione), ritroverà
la carezza dello Spirito che – perché Amore – è Amore per davvero, dato che Dio
non può venir meno alla sua parola e dà a chi ha dato: dà amore a chi ha amato.
(Paradiso’49, 6 novembre 1949)
In un altro scritto parla più esplicitamente della sua
esperienza in merito:
Quando l’unità coi fratelli è completa […] allora, molto
spesso, Ti trovo, Signore. Rientrando nel tempio dell’anima mia, T’incontro, o
– non appena le circostanze mi lasciano sola – m’inviti, m’attiri, dolcemente
ma decisamente, alla Tua divina presenza. Allora solo Tu regni dentro e fuori
di me, e la casa che m’hai data in uso – per il pellegrinare della vita – la
sento e la dico dimora del mio Dio. (Meditazioni, p. 105)
Quella di Chiara è l’esperienza di una laica, nasce da una
spiritualità tutta incentrata sulla comunione, e mostra il legame strettissimo
tra il rapporto con Dio e il rapporto con gli altri, tra la preghiera e l’azione,
tra il cielo e la terra.
Questo ci introduce nella preghiera “con” il fratello: la
preghiera liturgica, il consenserint… Non abbiamo il tempo per affrontare
questo tema importantissimo. Basterà uno scritto del 9 novembre 1949:
… vedo chiaramente come debba esser la preghiera in
comunità (ad esempio il rosario in due). Un’anima prega Dio nell'altra e
l’altra nella prima, giacché le due anime sono un'anima unica e la Trinità è
deposta in essa, distinguendoSi in Padre e Figlio. Allora il raccoglimento è
perfetto e la preghiera un abbraccio completo del Cielo e della terra, ché in
quel fratello amo il Fratello e quindi tutti i fratelli ed in essi è, come
abbiamo visto, tutto il creato.
Quarta foto: La preghiera per l’Ut omnes
Recitavamo sempre l’ultima preghiera di Gesù, quella
dell’unità. Era il nostro modo di pregare. Aspettavamo che, dopo la Comunione,
Gesù fosse dentro di noi. E, poiché ci avevano detto che non siamo noi a
riceverlo ma è Lui che riceve noi, sentivamo di essere un altro Cristo e
dicevamo di prestare a Lui la bocca perché potesse ripetere la sua ultima
preghiera, quella dell’unità. Era una implorazione perché venisse l’unità e
questo è già realtà in cammino. (Paradiso ’49. Nota 754 allo scritto del 10
novembre 1949)
La preghiera di Gesù diventa la nostra preghiera e la nostra
preghiera quella di Gesù. Occorre dunque che sia Gesù in noi che prega. Come?
Lasciando che Lui in mezzo a noi sia la nostra preghiera. Sta qui il modo
tipico di pregare di Chiara
Ne parla ad esempio il 1° giugno 1958 in una conversazione
in Trentino con un gruppo di giovani che desiderano essere focolarini. Nel far
nascere il Movimento, spiega loro, Dio
avrebbe potuto, per esempio, suscitare un gruppo di
persone che diffonde universalmente la pietà eucaristica, oppure che diffonde
universalmente l’idea di adorare Dio. C’è Dio sulla terra, ma come non si sta
ore ed ore, notti intere, ad adorare Gesù nell’Eucaristia? Gesù non ha voluto
questo di noi.
Quindi prosegue con altre esemplificazioni, come
«concentrarci nell’intimo, nel “castello interiore” della nostra anima e far di
noi delle anime contemplative. Neanche questo Gesù ha voluto». Cosa vuole
dunque Gesù dal Movimento dei Focolari?
Quando lui ci ha indicato Dio come Ideale della nostra
vita, ha detto: “Se volete trovarlo, lo troverete in mezzo a noi. Amatevi a
vicenda e, amandovi a vicenda, io sarò in mezzo a voi, perché ‘Dove due o più
sono uniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro’”. Allora dove noi dobbiamo
trovare Dio? […] Quale la vocazione nostra, la specifica vocazione nostra in
questo secolo? Quella di far trionfare Dio in mezzo a noi. (Cit. in J. Povilus
– D. Falmi(a cura di), Gesù in mezzo, Città Nuova, Roma 2019, p. 89)
La conseguenza per la maniera di pregare è evidente:
Quello che noi abbiamo capito e che tutti capiscono
quando incontrano l’Ideale è che bisogna mettere l’amore scambievole a base
della vita, a base della preghiera, e prima della preghiera, perché appunto
Gesù ci dice, e anche il Padre lo dice: prima di venire da me, riconciliati con
tuo fratello, prima devi avere l’unità con il tuo fratello. (A un gruppo di sacerdoti e di religiosi, Risposte alle
domande, Incisa Valdarno, 15 maggio 1987)
“Gesù in mezzo” è essenziale per la preghiera di Chiara. È
la preghiera.
Si ribalta così l’immagine che abbiamo abitualmente dell’unione
con Dio. La si pensa come un albero la cui radice è l’unione con Dio e la sua
espressione esterna l’amore del prossimo. Possiamo anche immaginare l’amore di
Dio come frutto dell’amore del prossimo.
È soltanto amando il fratello, le radichette in giù –
afferma Chiara –, che va in su il fusticino e l’unione con Dio. (Ai volontari e
ai focolarini esterni sposati, Risposte alle domande, Castel Gandolfo, 25
febbraio 1989)
E ancora:
Noi facciamo sempre l’esempio della pianticella, diciamo:
come una pianta più affonda le radici più svetta in su il fusticino, così un’anima
più affonda il suo amore per i prossimi: per te, per te, per te, per tutti
quelli che si incontra in giornata, più cresce l’unione con Dio e la senti. (Alla
Giornata dell’Opera della zona dei Castelli Romani, Risposte alle domande,
Castel Gandolfo, 10 febbraio 2002).
Si può vivere l’amore al fratello se non si ha dentro
l’amore di Dio – la preghiera?
Si può amare Dio che non si vede – la preghiera – se non si
ama il fratello che si vede?
Nessuna dicotomia, ma un’armonia, in un costante gioco
trinitario, spesso sofferto, ma necessario. Con Gesù in mezzo a noi che ci
avvolge e ci penetra, che ci unisce a sé personalmente e fa di tutti uno.
Grazie P. Fabio per l'aggiornamento, ma in modo speciale per le foto che sottolineano le parole e che fanno intuire quello che c'e' in questa realta' cosi' importante dell'unione con Dio.
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