giovedì 24 agosto 2023

Un annuncio gioioso col profumo della testimonianza


Sono alle prese con p. Olegario. https://fabiociardi.blogspot.com/2023/04/la-felice-vecchiaia-di-p-olegario.html

Leggo un suo articolo del 1962: Cómo transmitió el mensaje misionera el cristianismo primitivo y cómo lo podemos transmitir hoy. Mi pare attualissimo.

Studia la trasmissione del messaggio evangelico nel cristianesimo primitivo cercando ispirazione ed esempio per la trasmissione del Vangelo in questo periodo, nella Chiesa di oggi:

“Pur con le enormi distanze temporali, culturali e ambientali, esiste una mirabile affinità e somiglianza tra l’impresa della cristianizzazione del mondo greco-romano e quella della cristianizzazione del mondo del nostro secolo […] Un manipolo di uomini disprezzati per la loro razza e senza alcun prestigio culturale, dovettero evangelizzare le popolazioni dell'Impero Romano, orgogliose della propria cultura e immerse nella più grande abiezione morale. Oggi la Chiesa cattolica, istituzione [...] sconosciuta a molti, sistematicamente odiata e screditata da altri, oscurata dal comportamento mondano di tanti suoi figli, sente sulle spalle il peso impressionante dell'evangelizzazione di due miliardi di infedeli, dominata in gran parte da un ambiente impregnato di materialismo, orgoglioso delle conquiste tecniche, sprofondato in una spaventosa miseria intellettuale e morale”.

P. Olegario riconosce, però, una notevole differenza tra i tempi apostolici e i nostri, per quanto riguarda l'annuncio del Vangelo: “Nei primi secoli il cristianesimo poté presentarsi al mondo in una veste nuova che suscitò attenzione e interesse; oggi la religione cristiana ha perso quella tinta di novità e di mistero e appare agli occhi della maggioranza dei pagani come una religione già logora e superata, senza interesse vitale per la nostra generazione ebbra di progresso tecnico, di cultura pragmatista e di umanesimo secolare. In ogni caso, ciò che hanno fatto gli Apostoli, nostri padri nella fede, sarà per noi norma e guida. Come loro dobbiamo annunciare la parola di salvezza, seminando il seme della fede”.

Ed ecco ciò che è sorprendente nel pensiero di p. Olegario. Prima di tutto il tono e lo stile dell'annuncio del Vangelo non deve essere apologetico (l'apologetica non fa altro che aprire la strada, raggiunge la soglia senza varcarla), né dogmatico (l'esposizione del dogma presuppone che il passo sia già compiuto), né moraleggiante (la moralità deve apparire come un'esigenza normale dell'adesione personale della fede, non come una provocazione), ma semplicemente evangelica. Il missionario, sull'esempio dei primi predicatori del Vangelo, deve dare il primato assoluto nella sua predicazione alla persona di Cristo, evitando un atteggiamento eccessivamente intellettuale o razionalista, apologetico o moralizzatore. Bisogna dare la precedenza alla Parola sugli altri mezzi di diffusione e, soprattutto sull'organizzazione, sulla tecnica della propaganda. Inoltre, l’annuncio deve essere gioioso e deve avere un carattere universale e il messaggio avvolto nel profumo e nella chiarezza della testimonianza. L’annuncio deve essere sostenuto dalla testimonianza di una vita interamente cristiana.

Se la Chiesa ha il dovere di annunciare il Vangelo, questo dovere è qualcosa di più di un'imposizione estrinseca: è un impulso e un mandato che viene soprattutto dal suo interno, e le è naturale, qualcosa come un istinto di diffusione o di maternità, che Cristo deposita in Lei con il suo Spirito. Questo impulso, che ricade sulla Chiesa, ricade su ciascuno e ciascuno dei suoi membri. Il frutto della missione sarà proporzionale al grado di unione con Cristo.

Il missionario – spiega ancora p. Olegario - non è esperto di marketing è un uomo che vive intensamente la sua unione con Cristo. Il missionario non è chiamato ad essere propagandista, né conquistatore, né semplice organizzatore, e nemmeno ad essere “eroe” di Cristo. Il missionario è chiamato ad abbracciare eroicamente la Croce di Cristo. Amore fino in fondo, questa è la tua missione. Amare, dunque, in modo eroico. Ma questo eroismo non significa nascondere la propria povertà o non riconoscerla. Non siamo superuomini, non abbiamo poteri speciali o magici. Siamo semplicemente uomini che hanno la grazia di Dio. Siamo strumenti della grazia di Dio. Senza dimenticare ciò che disse una volta Unamuno: “Il più terribile nemico dell’eroismo è la vergogna di apparire poveri”.

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