“Io vedo la Chiesa come un ospedale da campo dopo una battaglia”. Destò meraviglia questa definizione di Chiesa data da papa Francesco all’indomani della sua elezione. Corpo di Cristo, casa di Dio, tempio dello Spirito…, ma “ospedale da campo” è davvero nuova! Riporta alla mente edifici che recentemente si trasformano in luoghi di accoglienza: la basilica di santa Maria in Trastevere a Roma dove i banchi lasciano il posto alle tavole per la mensa dei poveri, la cattedrale di san Paolo del Brasile che nelle inusuali rigide notti d’inverno ospita i senza tetto… Le chiese in muratura, prima di essere la “casa di Dio” – che non ha bisogno di una casa – sono la “casa del popolo di Dio”, a cominciare da chi non ha casa o è comunque provato dalla solitudine, dalla violenza, dal fallimento, dall’abbandono.
Chi, se non la
comunità cristiana, è chiamata a far casa a tutti? Quante piaghe, fisiche e
morali, feriscono la nostra povera società. Accogliere chi è ferito, ecco la
missione della Chiesa, che mostra la sua vera identità “nella capacità di
curare le ferite e di riscaldare il cuore dei fedeli, nella vicinanza, nella
prossimità... E bisogna cominciare dal basso”.
La prima “riforma”
della Chiesa “deve essere quella dell’atteggiamento… riscaldare il cuore delle
persone, camminare nella notte con loro, saper dialogare e anche scendere nella
loro notte, nel loro buio senza perdersi”. Siamo ben al di là del ritualismo, dell’attestarsi
puntigliosamente sui principi morali. Siamo davanti alla persona concreta, che
domanda di essere accolta così com’è, nella sua particolare situazione. “Tutto – direbbe
ancora papa Francesco – dipende dall’amore che muove il cuore di chi fa le cose”.
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