Sabato scorso ho terminato il mio percorso di santa Maria
Maddalena de’ Pazzi andando a visitare il luogo nel quale ha vissuto da monaca e
dove è morta: san Frediano in Cestello. Vi era là il monastero di Santa Maria
degli Angioli delle Carmelitane, poi passato ai Cistercensi. Soppresso nel 1792
subito dopo divenne sede del seminario diocesano. Ed è proprio un seminarista,
Bernardo, che mi accoglie con gentilezza e mi introduce nel grande complesso.
Le vestigia della santa sono ben presenti. Mi attende nel
chiostro, con la sua grande statua che lo domina al centro. Poi la cappella
dove ricevette l’abito carmelitano e dove fu portata su un lettino, in
situazione di salute drammatica, per emettere i voti; dove ebbe tante delle sue
estasi… Nel sottosuolo il pozzo e il lavatoio e nel grande corridoio la cella
ora trasformata in cappellina.
Le trasformazioni architettoniche sono state così tante
che è difficile rivedere gli ambienti del tempo della santa, meno ancora
cogliere il senso del divino di cui era pervasa, l’affetto delle sorelle che la
circondava, la presenza di cielo che vi si respirava.
Peccato che l’itinerario della santa sia così frammentato.
Perché non riportare il suo corpo nella chiesa a lei dedicata in centro città,
piuttosto che lasciarlo nascosto in una villa in collina? Perché non attivare
percorsi per renderla vicina e lasciare che proclami ancora il suo messaggio di
rigenerazione della Chiesa? Una città come Firenze e un Ordine come quello dei
Carmelitani potrebbe dare un altro rilievo a questa grande santa.
Nessun commento:
Posta un commento