Siamo al terzo giorno del grande
convegno per il quinto anniversario di Chiara Lubich. Tra le relazioni il mio
commento a questa metafora del giardino impiegata da Chiara per descrivere la
vita dell’anima. Una metafora che torna frequentemente lungo la storia della spiritualità.
L’analogia più comune è quella con
l’anima, nella quale, come in un giardino fiorito, vengono coltivate le più
varie virtù. Così, ad esempio, nell’impiego che fa Teresa d’Avila: “Chi
comincia deve far conto di tramutare in giardino di delizie per il Signore un
terreno molto ingrato, nel quale non germogliano che erbe cattive. Sradicare le
erbe cattive e piantarne di buone è lavoro di Dio che supponiamo già fatto fin
da quando l'anima si determina per l'orazione e comincia a praticarla. Ora a
noi, come a buoni giardinieri, incombe l'obbligo di procurare, con l'aiuto di
Dio, che quelle piante crescano: perciò innaffiarle affinché non inaridiscano,
e cercare che producano fiori di deliziosa fragranza per ricreare il Signore.
Allora Egli verrà spesso a riconfortarsi e trovare le sue delizie fra quei
fiori di virtù.” (Vita, 11, 6, Opere, OCD, Roma 19859, p.
114-115).
Non manca l’analogia con l’insieme
di una comunità religiosa. Aelredo di Rievaultx, narrando una sua esperienza
così descrive la vita del monastero: “L’altro ieri, mentre passeggiavo per i
chiostri del monastero, circondato da una schiera di carissimi confratelli e,
quasi fossi nelle gioie del Paradiso, ammiravo le foglie, i fiori e i frutti di
ogni albero, senza trovare in quella folla nessuno che non amassi o da cui non
fossi sicuro di essere amato, fui inondato da una gioia tanto grande che superava
tutte le gioie di questo mondo. Sentii davvero che il mio spirito si era
trasfuso in tutti e che l’effetto di tutti era passato in me, così da poter
dire con il profeta: «Ecco quanto è buono e quanto è gioioso vivere insieme da
fratelli»” (L’amicizia spirituale,
III, 82, ed. G. Zuanazzi, Città Nuova, Roma 1997, p. 334).
Bello quanto scritto da lei: 'Ora a noi, come a buoni giardinieri, incombe l'obbligo di procurare, con l'aiuto di Dio, che quelle piante crescano: perciò innaffiarle affinché non inaridiscano, e cercare che producano fiori di deliziosa fragranza per ricreare il Signore.'
RispondiEliminaDomanda: Ma se le 'piante' rifiutano l'acqua del giardiniere o rifiutano quella che di riflesso un fiore che ne ha in abbondanza dona all'altro fiore inaridito? Che fare?
Rimanere.
EliminaPerché la differenza tra chi ha buona volontà e chi ha Fede è proprio credere che la forza non viene da noi perché in realtà tutti noi abbiamo un punto di rottura.
Chi però ha ricevuto il dono della Fede crede che là dove ci viene chiesto di fermarci, o non ce la facciamo più Dio opera!
Quindi io rimarrei a vigilare conservando l'olio della mia lampada, per essere pronta quando arriverà il Signore.