Era ormai arrivata la
veglia di Pasqua e apa Pafnunzio non aveva ancora terminato di ripetere la
preghiera che Gesù aveva rivolto al Padre al termine dell’ultima cena. Si era proposto
di farne oggetto di vita e di contemplazione lungo tutta la Quaresima, ma quelle
parole erano di una tale profondità che per entrarvi non sarebbe bastato l’intero
anno liturgico, neppure la vita intera. Adesso non procedeva più neppure in
maniera lineare, ma lasciava che le parole gli fiorissero nel cuore spontaneamente,
emergendo di qua e di là dalla complessa e insieme semplice architettura.
“Padre santo… per loro io
santifico me stesso”. Ormai gli era chiaro, Gesù aveva fatto tutto “per loro”,
per noi, per apa Pafnunzio: il pastore dà la vita “per le sue pecore”; Gesù
muore “per il popolo”; il pane che egli dà è la sua carne “per la vita del
mondo”… Santificare se stesso era un altro modo per dire che egli si stava donando
totalmente a noi nella sua passione e morte. Santificarsi per Gesù voleva dire
essere talmente una cosa sola con il Padre – il Padre “santo” – da diventare l’espressione
del suo amore, la sua volontà fatta vita: dare la vita per il mondo; per questo
il Padre l’aveva mandato.
“Padre santo… santificali
nella verità”. Gesù pregava perché anche noi fossimo come lui: presi e compresi
interamente da Dio, che si comunica a noi “nella verità”, nel Figlio suo, che è
la sua Parola, la Verità. Veniamo coinvolti nella santità di Gesù, introdotti
da lui nell’amore del Padre, così da vivere da figli di Dio, entrare nella loro stessa unità, partecipare alla loro vita divina, disponibili anche noi a compiere la sua volontà
del Padre: dare la vita gli uni per gli altri, dare la vita per il mondo,.
Adesso apa Pafnunzio
comprendeva perché tra le due santificazioni (“Santificali nella verità… per loro io santifico me stesso, perché
siano anch'essi santificati nella verità”), Gesù parlava del mandato
conferito ai suoi discepoli: “Come tu mi hai
mandato nel mondo, anch'io li ho mandati nel mondo”. Gesù dona la sua santità,
ossia la sua unione al Padre, tale da diventare la volontà del Padre, e insieme
dona la sua missione, espressione di quella santità.
Era ormai svelato anche
il mistero che apa Pafnunzio stava celebrando in quei giorni della Pasqua: la morte
di Gesù era la sua santificazione, il suo dare la vita, l’adempimento così
perfetto della missione affidatagli dal Padre, da essere una cosa sola con lui:
il Risorto, pienezza di vita. Apa Pafnunzio accolse, in Gesù, il dono del
Padre, la santificazione che gli veniva offerta, e si sentì nella Verità, in
Gesù, e con Gesù nel Padre: risorto, nella pienezza della vita!
Questa mattina sono stato da un “risorto”, da un
santificato: sulla tomba di sant’Eugenio de Mazenod, nella cattedrale di
Marsiglia finalmente aperta.
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