lunedì 25 marzo 2013

Con la comunione dei santi in cuore

La casa della mamma di sant'Eugenio
È il terzo giorno che percorriamo le strade di Aix sulle tracce di sant’Eugenio: il palazzo dove è nato, la chiesa parrocchiale, oggi inesistente perché distrutta dalla Rivoluzione francese, il collegio dove studiava da piccolo prima di fuggire in esilio, la casa della mamma, il palazzo delle feste giovanili… Seguiamo i suoi passi e ci ritroviamo sui passi di Gesù. Oggi stiamo visitando i luoghi della sua giovinezza tormentata, con i dubbi, i sogni, le delusioni, la ricerca di un futuro incerto: «Chi direbbe che sono giovane? – scrive al padre lontano. Sotto il peso dei miei ventun anni mi sento il più vecchio degli uomini. Non conosco altro rimedio contro la noia che l’occupazione; ma occuparmi di che?... Non ne posso più carissimo papà; sono morto di noia e di malinconia».
Nello stesso tempo sente l’attrattiva di Dio e la bellezza del cristianesimo. Quando in cattedrale sente un canonico che inneggia alle vittorie dell’esercito francese, reagisce con la forza dei suoi vent’anni:  Dio è il Dio anche degli austriaci, degli italiani, dei prussiani «tutti nostri fratelli che Lui ci ha severamente comandato di amare come figli dello stesso Padre davanti al quale, come dice l’Apostolo, non c’è alcuna eccezione di persona né di nazione, dal momento che professiamo la stessa fede».
Il chiostro della cattedrale
Mi suonano bene queste parole in questi giorni che sto facendo da guida a cinque studenti Oblati di cinque diverse nazioni. Stati Uniti, Haiti, Sri Lanka, Polonia, Nigeria.
Due anni più tardi il sentimento della fraternità cristiana, anzi cattolica, cioè universale, aveva preso pienamente piede nell’animo di sant’Eugenio: «Una delle cose che maggiormente mi colpiscono nella religione è la cattolicità, la comunione che c’è tra i figli di uno stesso Padre il quale, dall’alto del Cielo, accoglie le preghiere che essi gli rivolgono nello stesso istante e da luoghi tanto diversi. Quando entro in una chiesa per deporre ai piedi dell’Eterno le mie umili preghiere, il pensare che sono un membro di questa grande famiglia di cui Dio stesso è il Capo; il pensare che, in quel momento, sono il rappresentante dei miei fratelli, che parlo in nome loro e per loro, mi fa spaziare ed elevare l’anima in un modo che è difficile esprimere. Sento che la missione che compio è degna della mia origine. Figlio di Dio, provo una dolcezza, una gioia, una pace così profonda che l’anima ha come il presentimento che, uscita dalle mani di Dio, non sarà perfettamente felice se non quando, liberata da ogni legame terreno, potrà volgersi unicamente alla contemplazione del suo creatore». 

1 commento:

  1. GRAZIE PER QUESTO BELLISSIMO COMMENTO, CON UN FINALE COSI PROFONDO, DA FAR RICOMINCIARE A CAMMINARE.... ANDANDO AVANTI... ACCOMPAGNATI DALLE PREGHIERE DEI FRATELLI NELLA FEDE.

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