Marsiglia quest’anno è stata
dichiarata capitale europea della cultura. Meritava quindi visitarla. Peccato
che monumenti di grande valore con La Major e la nuova cattedrale fossero
chiuse: chissà cosa intendono i francesi per cultura…
La nostra visita era molto
selettiva: continuare a seguire le orme di sant’Eugenio, grande vescovo di
questa città, dove ha vissuto 38 anni della sua vita. Dal porto vecchio, dove
rivedi le scene di una volta, la pescivendola, i pescatori che rassettano le
reti…, al Santuario di Notre Dame de la Garde, l’abbiamo percorsa in lungo e in
largo, complice un sole splendente e un vento gagliardo.
Abbiamo ripercorso i vicoli del quartiere
Panier, il più povero e colorito della città, dove gli Oblati hanno vissuto e
operato dal 1822 al 1975, tra immigrati, mendicanti, prostitute… I padri Albini
e Semeria dettero il via all’opera degli italiani, gli immigrati di allora
(erano 40.000), padre Honorat a quella dei carcerati (gli Oblati erano
cappellani del carcere), degli ammalati (gli Oblati erano cappellani dell’ospedale)…
Agli italiani si sono succediti gli emigranti dalle Antille, dalle Comore, i
marocchini, i senegalesi… e gli Oblati sempre con loro.
In quella prima metà
dell’Ottocento il vescovo de Mazenod, saliva e scendeva per quelle stradine,
entrava nelle case, assisteva gli ammalati, portava la comunione, confessava,
amministrava la cresima, sempre parlando in provenzale… “Un’altra mattinata
come questa, scrive ad esempio un giorno nel suo diario, e non ce la farò più. I
soldi per i poveri che mi chiedono aiuto in un modo o nell’altro si trovano, ma
trovarmi sempre faccia a faccia con persone così provate e sentirmi incapace di
rispondere alle loro necessità va al di là delle mie forze. Una vedova che ha
perso il marito in Guayana e che non ha un soldo né per vivere né per trovare
al suo paese. Un giovane belga che è uscito dall’ospedale dove ha speso tutto
quello che aveva e che, debilitato dalla malattia non ha come tornare in
patria. Una donna anziana che ha messo tutto al monte di pietà e che non sa
come fare a raggiugere il figlio…. E quante miserie ancora incontro ogni
giorno. Non ne posso proprio più. Devo poi raccomandare une vedova all’avvocato,
scrivere una lettera di raccomandazione… Dopo tutto questo come faccio a
sedermi a tavola e mangiare in pace…”.
Per questo le inventava di tutte,
suscitando più opere di carità che poteva: “Le opere di carità si moltiplicano –
scriveva in una lettera pastorale alla diocesi – grazie a istituzioni nuove che
hanno per fine l’infanzia, la vecchiaia, la malattia, la povertà, il mondo
operario… La carità abbraccia tutto e davanti a necessità nuove inventa, quando
ce n’è bisogno, mezzi nuovi”.
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