“È un grande!” È la
prima parola che mi è uscita dalla bocca alla notizia delle dimissioni di
Benedetto XVI. Nel libro-intervista con il giornalista tedesco Peter Seewald, Luce del Mondo, aveva già previsto
questa possibilità: “Se un Papa comprende di non
essere più in grado fisicamente, psicologicamente e spiritualmente, di
assolvere ai doveri del suo ufficio, allora ha il diritto e, in alcune
circostanze, anche l’obbligo di dimettersi”. Nella lunga storia
del pontificato romano si conoscono cinque è sei papi che hanno rinunciato alla
loro carica, famosissimo Celestino V. È una possibilità contemplata nel Codice
di Diritto Canonico. Eppure si tratta di una circostanza talmente rara e remota
nel tempo che lascia tutti sorpresi.
Sorpresi ed ammirati
dalla lucidità e dell’umiltà della decisione. La presentazione che fece di se
stesso all’inizio del pontificato come “semplice e umile servo nella vigna del
Signore” non era retorica. Invera la richiesta di Gesù a “dimettersi”, dopo
aver lavorato per la sua causa, come “servo che ha compiuto la sua missione”.
Sì, è un grande
Benedetto XVI. Mostra a tutti che l’esercizio del potere è autentico servizio,
al punto che quando non si hanno più le capacità per adempierlo, lo si lascia
ad altri.
Ma veramente non ne
ha le capacità? Il 2 febbraio ho avuto la gioia di poterlo incontrare
personalmente in un breve intenso colloquio nel quale ho colto la profondità
d’animo, la lucidità del pensiero, ma anche l’estrema fragilità fisica. Col suo
gesto egli mostra di misurare le sue forze sulla grandezza del compito, e il
gesto esalta il papato e la persona di Joseph Ratzinger.
Grazie per le parole che ci donano un senso anche ad annunci che fanno soffrire come se ci sentissimo orfani in un momento di grande bisogno per ciascuno di noi. Solo Dio potrà valutare il gesto consapevole e doloroso di papa Benedetto. Mi sembra che l'unica cosa che ci resta è PREGARE per Josef e per tutta la Chiesa che risvegli la sua fede in Cristo.*1*
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