Si era alzato molto presto quella mattina, ben prima dell’alba, e già si
stava apprestando a ripetere la preghiera di Gesù al Padre. Come lui anche apa
Pafnunzio alzò gli occhi al cielo e iniziò chiamando Dio con il nome di Padre: “Padre, è giunta l'ora,
glorifica il Figlio tuo”. Subito si arrestò sorpreso da una domanda che, appena
affiorata alla mente, gli sembrò quasi blasfema: “Perché Gesù
chiede la gloria per sé?” La gloria, lo sapeva bene, era la vita di Dio in
tutto il suo peso e la sua potenza. Gli bastò non dar seguito al quel pensiero
insensato e continuare nella preghiera che subito gli
apparve chiaro il senso della domanda rivolta da Gesù al Padre: “glorifica il Figlio tuo,
perché il Figlio glorifichi te”. Gesù non domandava dunque la pienezza della vita
per sé, ma per farne nuovamente dono al Padre in quella reciprocità d’amore che
da tutta l’eternità segnava il loro rapporto. Chiedeva per poter dare a sua
volta. Apa Pafnunzio si andò subito con la mente alla fine della preghiera di
Gesù, là dove parlava ancora della gloria: “E
la gloria che tu hai dato a me, io l'ho data a loro”. Gesù aveva chiesto
la gloria non solo per poter renderla al Padre, ma anche per condividerla con i
suoi fratelli, coinvolgendoli nella reciprocità dell’amore trinitario.
Apa Pafnunzio quel giorno non andò più avanti nel
ripetere la preghiera del Signore. Gli bastava venire travolto nella
circolazione della vita divina. Gli bastava ripetere “Padre” e sentirsi parte
di una fratellanza universale e si mise a chiedere tante cose, per avere tanto
da donare.
Mentre apa Pafnunzio se ne sta
nel suo deserto sotto il sole cocente, io sono in mezzo alla neve nella mia
bella Lituania, dove ritrovo subito amici e amiche che mi accolgono con festa…
come un amico!
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