«Senza che egli la
conoscesse, ella [Maria] diede alla luce un figlio ed egli lo chiamò Gesù» (Mt 1,
25). Giuseppe è lì, in silenzio, accanto alla moglie e
al figlio, che sa venire dal cielo. Sa che è davanti a qualcosa che lo supera. L’angelo
gliel’aveva rivelato: «il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo».
Davanti al mistero Giuseppe si è arreso e aveva fatto “come Dio gli aveva ordinato”,
prendendo con sé Maria e il bambino. Gli occorrerà tutta la vita per comprendere
un mistero che lo sovrasta. Per adesso sa solo che Dio è all’opera e questo gli
basta, si fida.
A lui il
compito di dare il nome a suo figlio. Un nome comune a quel tempo: Gesù, Yeshua, lo stesso del
grande condottiero che guidò il popolo di Israele nella terra promessa, lo
stesso del sapiente Jesus Ben Sirach, l’autore del Siracide. Un nome
comune eppure unico, perché quel bambino è unico e il suo nome è veramente ciò
che esso significa: Dio salva, «egli
infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati» (Mt 1, 21). Gesù è l’Emmanuele, la presenza di “Dio tra
noi” (Mt 1, 23).
Giuseppe è lì,
in silenzio, accanto alla moglie e al figlio che non è suo e che pure lo
diventa giorno dopo giorno. “Non è costui il figlio del falegname?”, diranno
con naturalezza gli abitanti di Nazareth che hanno sempre visto Giuseppe e Gesù
l’uno accanto all’altro (Mt 13, 55). Un bambino come tutti gli altri,
che imparerà il mestiere del padre e lo accompagnerà al lavoro.
Anche noi, come
Giuseppe, siamo chiamati a credere che Gesù viene dal cielo. Anche noi siamo
chiamati ad accogliere Gesù come il “Dio tra noi” e a compiere in piena
docilità il suo volere, anche se a volte può sembrare assurdo, o
incomprensibile, o al di sopra delle nostre capacità. Facendo “come ci viene
ordinato”, con la semplicità e la fede di Giuseppe, vedremo come lui compiersi
attorno a noi il miracolo di Dio che si rende presente e attualizza il suo
progetto.
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