giovedì 7 marzo 2024

L'unità delle Chiese non è un'utopia

«Stamane abbiamo attraversato Liverpool. Le due cattedrali, una, l’anglicana, ultimata, l’altra, cattolica, in via di costruzione, sono lega­te fra loro da Hope street, la via della Speranza. Abbiamo fatto la visita al Santissimo in una graziosa cappellina dedicata a Maria Santissima, situata sotto la cattedrale cattolica. In questa fredda e grigia Inghilterra... abbiamo affidato la nostra missione alla Vergine... Il Vangelo di oggi diceva che se abbiamo fede “si sposteranno le montagne”. Liverpool è la città dove la lotta religiosa è stata accanita. E pro­prio qui incomincia il nostro lavoro ecumenico. Abbiamo chiesto che la montagna dell’incomprensione si spostasse».

Così Chiara Lubich annota nel diario del 17 novembre 1965. A sera, nella cattedrale anglicana, racconta la “storia dell’Ideale”, la storia sua e degli inizi del suo Movimento. Al termine il “decano”, che fa gli onori di casa, propone di intrattenersi ancora per un dialogo con i presenti. Nel frattempo invita a prendere un caffè... ma occorre attendere qualche minuto: “So che le persone addette erano così emozionate dal discorso che non hanno potuto ancora preparare il caffè. E questo è buon segno”.

Il focolare è arrivato in città da appena due anni, ma diversi Anglicani già hanno partecipato a vari incontri in Italia, soprattutto a Roma e l’interesse per questo nuovo Movimento è vivissimo. Appena inizia il dialogo il Canonico Bernard Pawley chiede come può una famiglia anglicana diventare membro del focolare: occorre un’iscrizione? «L'iscrizione – gli risponde Chiara – è fatta da Dio stesso nell'anima che capisce di dover fare questo passo... Vivendo questo spirito, è proprio un focolare, c'è Gesù in mezzo, c'è il fuoco in mezzo e il fuoco contagia. E si cerca di amare anche tutti gli altri, e l'amore è la rivoluzione cristiana».

Al termine della riunione il Reverendo Pugh, rivolgendosi a Chiara, conclude: «Come mai lei è venuta in Inghilterra? Non per conquistarci a Roma, ma per conquistarci a Cristo, cosicché diventiamo migliori anglicani, e poiché siamo migliori cristiani e migliori anglicani, siamo anche più vicini gli uni agli altri».

Il giorno seguente Chiara tiene una conversazione in cui tratteggia la via per l’unità. Eccone uno stralcio.

Gesù abbandonato è stato per noi la chiave che rimetteva l'unità fra noi quando si era spezzata. Ma questo lo sperimentiamo tutti i giorni, nella nostra famiglia, nelle scuole, dove abitiamo, che non sempre c'è quell'unità soprannaturale per cui possiamo dire che Gesù è in mezzo a noi...  E allora quella pienezza di gioia che ci aveva data l'unità, che è quella pienezza di gioia che Gesù promette nel suo testamento, veniva meno e sulla nostra piccola comunità sembrava che il sole tramontasse e tutto perdeva sapore, senso. E allora che cosa facevamo? Ci ricordavamo di Lui... Dio non era tutto per lui? Era lui stesso Dio. Eppure sulla croce perde il senso di essere Dio, sempre come uomo. Anche per lui era tramontato il sole. Allora andavamo dentro di noi e dicevamo: questo è Gesù abbandonato, questo è un dolore come quello di Gesù abbandonato. Si abbracciava quel dolore e ci si rimetteva in unità, ci si ributtava ad amare... E noi dicevamo: non possiamo vivere se Cristo non è in mezzo a noi, allora rimettiamoci, ricominciamo. E tornava il sole e col sole Gesù e risentivamo la vita e la vita s'irradiava attorno...

Lui è stato sempre la luce per noi ed è stato lui a farci capire anche altri dolori che erano oltre il nostro Movimento: i dolori della Chiesa. Così anche quando si pensava a tutte queste Chiese separate dalla Chiesa di Roma, ogni volta che si pensava alla divisione, alla separazione era ricordarci di Lui che si sentì separato dal Padre... Ha provato la divisione per riunire noi al Padre... Eravamo sicuri che con l'amore a Lui che si traduceva in un amore verso questi fratelli, Lui ci avrebbe condotti alla riunificazione, seguendo i disegni di Dio.

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