12 anni: l’età nella quale i bambini ebrei, terminati i
primi due cicli di istruzione, raggiungevano l’età della maturità, diventavano
partecipi della vita della comunità ed erano responsabili personalmente dei
riti, dell’osservanza dei precetti, della tradizione. Eccolo Gesù dodicenne,
nel tempio, consapevole di aver raggiunto l’età della maturità…
Le parole che pronuncia piombano improvvise, con una violenza inattesa: «Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Dopo queste parole la famiglia di Nazareth non è più quella di prima. Un altro, pur sempre presente fin dall’inizio, entra ora con forza tra i tre: Dio, il Padre. Anziché unire, questa presenza sembra dividere. « Pensate che io sia venuto a portare pace sulla terra? – dirai Gesù più tardi alle folle – No, io vi dico, ma divisione (...) padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre» (Lc 12, 51-52).
Giuseppe sapeva che un altro era il Padre e che prima o poi Gesù lo avrebbe lasciato per seguire il Padre vero. Ma sentirselo svelare in quel
modo l’avrà profondamente colpito nel suo affetto autentico di padre. Maria era
la madre naturale. Eppure, anche a lei quelle parole non risparmiano la lacerazione,
sono come una spada che le trapassa l’anima. È questo quanto intendeva il
vecchio Simeone dodici anni prima, proprio lì, nello stesso tempio? Allora
Maria non aveva certo immaginato che il colpo di spada glielo avrebbe inflitto
proprio il figlio. In effetti essi non capirono...
Perché la famiglia più unita della terra subisce una divisione così intima e profonda? È forse il segno di come devono essere i rapporti autentici in famiglia e in ogni comunità cristiana: trasfigurati dall’amore divino, dove l’amore umano è portato a compimento in una dimensione nuova: il volere del Padre, nel rispetto del progetto che egli ha su ogni membro della famiglia.
I tre tornano a Nazareth più uniti di prima, in un amore reciproco purificato, che ha il timbro autentico della Trinità. Non capirono eppure accolgono il volere di Dio e si lasciano modellare lentamente da esso.
La famiglia di Nazareth rimane ideale di comunione per ogni famiglia. Non ci è dato di entrare in questa casa, di contemplare l’intimità che vi regnava, l’armonia con la quale ci si muoveva, la semplicità e la profondità dei rapporti. Il Vangelo, nella sua sobrietà, ci parla soltanto di Gesù che, sottomesso a Giuseppe e Maria, cresceva in età sapienza e grazia, e di Maria che custodiva in cuore i fatti e le parole del figlio. Anche Giuseppe sapeva che nella sua famiglia si celava un mistero.
Cosa si saranno detti tra loro? Venendo dal Cielo, Gesù ha certamente portato in casa la vita e l'atmosfera di Lassù. Nella sua famiglia l’appartenenza reciproca e il reciproco amore appaiono un riflesso perfetto e una piena partecipazione delle relazioni che si vivono in Cielo, nella Trinità.
Portaci sempre nel soprannaturale, Gesù,
strappaci da ogni attaccamento,
anche se bello e puro,
per seguire con più libertà
il volere del Padre tuo e nostro.
Rendi vero il nostro amore,
purificalo dal desiderio del possesso e dell’esclusività.
Porta nelle nostre case l’armonia della tua casa
e crea tra noi quella vita di paradiso
che hai costruito con la tua famiglia
a Nazaret.
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