La settimana scorsa al Claretianum si è tenuto il convegno
annuale, il 46°, che aveva come tema l’esortazione apostolica Vita
consecrata a 25 anni dalla sua promulgazione. Quattro giorni di grande
ricchezza. Tra l’altro mi ha colpito il riferimento fatto da più parti a una
frase dell’esortazione: “In Cristo Signore religiosi e religiose
devono continuare a specchiarsi in ogni epoca, alimentando nella preghiera una
profonda comunione di sentimenti con Lui (cfr Fil 2, 5-11)» (n. 8). Si faceva
notare come, accanto a tante altre descrizioni o definizioni della vita consacrata, questa
punti alla comunione con i sentimenti di Cristo. La persona consacrata dovrebbe possedere il
sentire di Cristo. Questo legame intrinseco con i “sentimenti” di Cristo ha
colpito relatori e ascoltatori.
Sono allora andato in cerca di altri riferimenti ai “sentimenti”
di Cristo presenti in Vita consecrata. Eccoli: L’aspirazione del religioso «è di
immedesimarsi con Lui [Gesù], assumendone i sentimenti e la forma di vita» (n.
18); la formazione consiste in «un itinerario di progressiva assimilazione dei
sentimenti di Cristo verso il Padre» (n. 65); la formazione «è dunque
partecipazione all'azione del Padre che, mediante lo Spirito, plasma nel cuore
dei giovani e delle giovani i sentimenti del Figlio» (n. 66), conducendo «progressivamente
chi aspira a consacrarsi ad assumere i sentimenti di Cristo Signore» (n. 68).
Lo stesso vale per tutto il resto della vita, per la formazione continua: «la
persona consacrata non potrà mai ritenere di aver completato la gestazione di
quell'uomo nuovo che sperimenta dentro di sé, in ogni circostanza della vita,
gli stessi sentimenti di Cristo» (n. 69).
Questa mattina, nella mia quotidiana lettura e rilettura dell’edizione
critica del libro Meditazioni - https://fabiociardi.blogspot.com/2021/04/meditazioni-un-classico.html
- mi sono imbattuto in una variante del testo “Vigilate”, composto il 3 agosto
1950; una frase che non è stata accolta nell’edizione critica, che mette a
testo la versione del 1959. La frase omessa, particolarmente preziosa nell’originale,
suona così: “Perché Gesù è uomo oltre che Dio ed in tutte le sue sfumature”. Mi
ha colpito la parola “sfumature”: l’umanità di Gesù con tutte le sfumature
tipiche della nostra umanità, che prova tutto quello che proviamo anche noi.
Vale la pena addentrarsi nelle emozioni, negli affetti, nei sentimenti di Gesù. Tante volte i Vangeli
annotano la sua “compassione”, un verbo che ricorda sentimenti viscerali di chi
fa proprie le gioie e le sofferenze dell’altro fino a immedesimarsi
nel suo stato d’animo. Prova compassione delle singole persone come delle folle.
Si sa che “ama”, ma anche che si indigna, si stupisce, si meraviglia, sospira, si
sdegna, piange, prova paura e angoscia, è triste da morire, gioisce, esulta…
Sono i nostri stessi sentimenti. Assumendoli Gesù li ha
pienamente condivisi con noi e nello stesso tempo li ha purificati, liberati,
indirizzati. Il cammino di una vita è entrare in Gesù, conoscerlo, e lasciare
che i nostri sentimenti si plasmino sui
suoi. Piuttosto che reprimerli vanno “evangelizzati”: il cammino di una vita, appunto.
In questo tempo natalizio potremmo cominciare proprio dalla
prima ricorrenza, quella di Filippesi, che addita come “sentimenti” di Cristo
da avere in noi, quelli che lo hanno portato a “svuotare se stesso assumendo la
condizione di servo, divenendo simile agli uomini” (2, 5-7). Guardando Gesù
Bambino nel presepe vedremo lo svuotarsi dell’eterno Figlio di Dio per farsi
uno di noi, per stare vicino a noi, per condividere tutti nostri sentimenti… Chissà quanto potremmo
imparare…
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