giovedì 20 agosto 2020

Libri d’estate: Montalbano e Camilleri


Il commissario Montalbano mi piace. Ho visto tutti gli sceneggiati, compresi “Il giovane Montalbano”. 
Nella mia recente visita a Scicli non ho potuto fare a meno di visitare il “commissariato di Vigata”. Sono entrato in quello che, in realtà, è il municipio di Scicli, e ho chiesto di vedere il luogo dove viene girato lo sceneggiato. Mi chiedono 3 euro. “Veramente non dovrei pagare – dico – perché vengo da Roma per un’ispezione”. “Ma certo”, fa la signora, spalleggiata dalle tre persone che le stanno attorno. “Sto scherzando”, ribatto. Non c’è stato nulla da fare, mi hanno preso per chissà quale personalità e mi hanno reso indietro i 3 euro. Il poliziotto che mi ha accompagnato nella visita si è mostrato molto curioso e alla fine ha concluso che ero un suo collega (ma ha fatto tutto da solo).

Di Montalbano di dà comunque fastidio il modo in cui ha trattato Lidia. Era una ragazza, bella, solare, positiva. Con il passare degli anni l’ha ridotta a una donna noiosa, infelice, insignificante, senza smalto. È stata una vigliaccata.
Per il resto mi piace il suo stile, il suo modo di rapportarsi, di affrontare le situazioni…

Mi piace meno leggere Camilleri. Del suo Montalbano ho letto soltanto “La gita a Tindari” e poi un romanzo storico, “Un filo di fumo”, e alcuni racconti.
Meno ancora mi piace Camilleri, o meglio, quell’enfasi a mio avviso un po’ esagerata sulla sua persona.


Nell'ufficio del commissario Montalbano
Sono rimasto invece preso dal libro intervista di Marcello Sorgi: La testa ci fa dire. Dialogo con Andrea Camilleri.
La vita di Camilleri e della sua famiglia scorre come un romanzo, raccontato in maniera ironica e divertente. Compare tutto il mondo letterario, dello spettacolo e dell’editoria del Novecento, assieme alle tematiche politiche e sociali. Le persone incontrare, a cominciare dai nonni fino a Berlusconi, da Pirandello a Maurizio Costanzo, sono fortemente caratterizzate e ritraggono un mondo e un’epoca.
Naturalmente gran parte dell'intervista è dedicata alla scrittura da cui, soprattutto negli ultimi anni, Camillieri è stato preso pienamente: come nasce uno scrittore, un libro, un personaggio, come si crea un proprio linguaggio…

Esprime anche la motivazione del suo scrivere e pubblicare: “Io ho sempre sentito la necessità della pubblicazione. Non per vanità personale, ma proprio sinceramente per poter raccontare la storia a qualcuno. Perché se tu sei un narratore la cosa la vuoi narrare, altrimenti ti scrivi «caro diario» e te la metti nel cassetto. Vuoi che qualcuno ti ascolti, magari cinque-dieci persone, quindi la pubblicazione è indispensabile”.
Mi viene da confrontare queste parole con quelle di Italo Svevo dovute forse anche al difficile rapporto con gli editori: “Scrivere a questo mondo bisogna ma pubblicare non occorre” (Lettera a Ferdinando Pasini, 30 agosto 1924).
Tutti e due hanno la loro parte di verità.
La scrittura è uno strumento essenziale per conoscere e riflettere su se stessi, per interiorizzare lapropria vita (non è solo questione di "caro diario"), e insieme una via per entrare in comunine con gli altri.


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