In biblioteca ho trovato la prima edizione della Storia di Cristo, di
Giovanni Papini, edita a Firenze nel 1921, con la sua firma. Una rarità. Ho cominciata a
leggerla. È il Papini di sempre, non importa se l’ha scritta dopo la
conversione: caustico, diritto, senza peli sulla lingua, con un linguaggio
ricchissimo.
I suoi sono capitoli brevissimi, incisivi, capaci, in poche righe, di
rievocare tempi e luoghi del Signore. È difficile interrompere la lettura. Lui
stesso definisce il suo scritto “Un libro vivo, che renda più vivo Cristo, il
sempre vivente, con amorosa vivezza, agli occhi dei vivi”.
È proprio vero, come si legge nella sua introduzione, che “Ogni età deve
riscrivere il suo Evangelo”, anche se “Nessuna vita di Gesù, anche se la
scrivesse uno scrittore di genio più grande di quanti furono, potrebbe essere
più bella e perfetta degli Evangeli. La candida sobrietà dei primi quattro
storici non potrà esser mai vinta da tutte le meraviglie dello stile e della
poesia. E ben poco possiamo aggiungere a quello che dissero”.
Il libro inizia:
“Gesù è nato in una Stalla.
Una Stalla, una vera Stalla, non è il lieto portico leggero che i
pittori cristiani hanno edificato al Figlio di David, quasi vergognosi che il
loro Dio fosse giaciuto nella miseria e nel sudiciume…”
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