Apa Pafnunzio poteva dire
Ti amo perché Gesù l’aveva amato per primo. L’iniziativa non era sua, la sua
era soltanto una risposta d’amore all’Amore. Come poteva non essere grato nel
sentirsi amato personalmente da un Dio che è Amore!
Era dunque il momento di
estrarre dalla propria bisaccia la terza parola della preghiera: Ti ringrazio.
Subito mente e cuore gli
si spalancavano su cielo a terra. Ringraziava d’essere stato creato e
ringraziava del creato e, come creatura, ringraziava a nome del creato con il
quale si sentiva solidale. Ringraziava per il sorgere del sole, sempre nuovo, e
per il suo tramonto, sempre nuovo, e per la luna e per le stelle e per gli
uccelli del cielo e per i pesci del mare. Ringraziava per la cella che lo
custodiva e lo raccoglieva in preghiera, per il mantello che lo riparava dal
freddo, e per quelli che l’avevano tessuto. Per la rugiada che manteneva in
vita i fiori del deserto, per il pane che ogni giorno il Padre del cielo gli procurava,
e per quelli che coltivavano le messi nelle pianure lontane…
Lo ringraziava della
Parola di cui ogni giorno si nutriva, della misericordia che Dio che ogni
giorni lo rinnovava, della chiamata a seguire il suo Signore nel deserto, dei
fratelli della laura che lo seguivano con lui…
Ringraziava anche per
quanto non era possibile vedere, ma di cui conosceva l’esistenza, le
innumerevoli schiere di angeli del cielo, più popolato e più ricco della terra
e dei mari.
A mano a mano che il
ringraziamento si dilatava dagli estremi della terra al più profondo
dell’anima, dagli abissi dei mari ai vertici dell’adorabile Santissima Trinità,
esso si trasformava in canto di lode e in giubilo: Opere tutte del Signore,
lodate il Signore…
Il ringraziamento tornava
ad essere adorazione ed espressione d’amore.
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