Il ringraziamento e la
lode portavano apa Pafunzio a contemplare la bellezza delle opere del Signore e
a gioire del suo infinito amore.
Ma immancabilmente, in
mezzo a tanto splendore di luce, s’apriva improvvisa una terribile voragine
nera: aveva sciupato i doni del suo Signore. Come era stato ingrato verso il Datore
dei doni. Gli sembrava di vivere come sotto l’effetto di un malefico
incantesimo: quanto toccava si guastava, aveva la capacità di rovinare l’opera
di Dio. Gli si apriva davanti la sua vita di peccato: aveva tradito l’Amore.
Era tempo di estrarre
dalla bisaccia la quarta parola del suo cammino di preghiera: Ti chiedo perdono.
Era una parola liberatoria.
Per questo era una parola insidiosa. Perché chiedeva perdono? Per mettere la
coscienza a posto? Per evitare di cadere nelle fiamme inestinguibili della
Geenna? Sentiva davvero il dolore dei peccati? Il dolore di aver rattristato l’Amore?
La sua domanda di perdono era veramente espressione di amore?
Quella quarta parola gli
usciva bene dalle labbra soltanto dopo che aveva ripetuto con sincerità le
altre tre parole: soltanto dopo aver compreso nell’adorazione chi è Dio,
soltanto dopo aver sperimentato il suo amore col dirgli Ti amo, soltanto dopo
aver conosciuto l’immensità e la gratuità dei suoi doni col dirgli grazie, poteva
capire la gravità del suo peccato.
Sì, ciò che ad apa
Pafnunzio dispiaceva non era il castigo che si attirava con il suo peccato, non
la vergogna del tradimento e dell’adulterio, non il giudizio dei suoi fratelli.
Ciò che addolorava apa Pafnunzio era l’aver addolorato l’Amore. L’amore del suo
Dio era così grande da entrare nel buio della sua rivolta, da assumere il suo
peccato e inchiodarlo sulla croce dove s’era fatto inchiodare. Ripetere Ti
chiedo perdono era riconoscere il culmine dell’amore, riconoscersi e
identificarsi con l’Amore all’estremo della sua espressione.
Bastava lasciarsi
guardare negli occhi, come aveva fatto Pietro dopo il suo tradimento. Gesù non
gli aveva detto nulla, l’aveva guardato soltanto. Lui non gli aveva risposto
nulla, aveva soltanto pianto perché attraverso quello sguardo era passato l’appassionato
amore di Colui che dava la vita per gli amici. Bastava avere il coraggio di
affrontare quello sguardo e non fuggire a nascondersi per paura dell’incontro
con la Verità.
Ti domando perdono; e la
misericordia inondava l’anima di apa Pafnunzio. Adesso sì che poteva ripetere,
con intensità nuova e con ancora più sicurezza: Ti adoro, ti amo, ti ringrazio…
Nessun commento:
Posta un commento