50
anni fa, il 3 giugno 1963, papa Giovanni partiva per il cielo. Poche ore prima la Stazione Radio di Colonia diffondeva un
suo messaggio ai fedeli della Germania registrato alcuni giorni avanti. Parlava
naturalmente del Concilio, la sua grande opera: “Non bisogna peraltro
dimenticare – diceva in quel messaggio –, che il Concilio Ecumenico è opera
soprattutto dello Spirito Santo, che è come il cuore della Chiesa, e il
perpetuo autore e datore della sua rifiorente primavera. Pertanto, sotto la sua
guida e la sua protezione, il Concilio Ecumenico sarà fecondo e salutare di
ogni desiderato frutto”.
Parlando
del Concilio, Giovanni XXIII utilizzò varie immagini: parlò di primavera, di “un
fiore di un’inattesa primavera”, di vento, di aria fresca, ma soprattutto di
“nuova Pentecoste”. Nella Pentecoste del 1959 istituì la commissione
antepreparatoria, in quella del 1960 aprì la fase preparatoria, in quella del
1961 pubblicò la lettera apostolica Celebrandi
concilii…
Era
un’idea costante, una costante invocazione:
Museo della civilizzazione di Ottawa |
“Tutti
avvertiamo il bisogno di una continuata effusione dello Spirito Santo, come di
una nuova Pentecoste che rinnovelli la faccia della terra. Solo il soffio
animatore dello Spirito Santo può infiammare gli animi alla virtù e preservarli
dal contagio della colpa... solo il vigore dello Spirito Santo può sostenere i
cristiani nelle lotte per il bene e far loro superare felicemente le
contraddizioni e le difficoltà” (27 aprile 1959).
“Lo
Spirito Santo... fa scaturire la vita nella Chiesa che ignora vecchiaia, fa
rifiorire la primavera che non ha inverno, la rende invitta e sicura tra
durezze ed avversità e la dispone a vittoria” (27 giugno 1960).
Abbiamo
bisogno che lo Spirito venga ogni giorno a guidare la nostra vita quotidiana, a
renderci cenacolo e a lanciarci fuori delle mura del cenacolo verso la
missione.
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