«So che sarà
un’iniziativa difficile e pericolosa. Di proposito mi metto direttamente contro
il Governo, con tutte le mie forze. Voglio contrastare il piano insidioso del
potere attuale che perseguita e distrugge ogni iniziativa che si oppone alle
sue mire. Ma non ho paura di nulla. Ho appoggi e protezioni potenti: ho Dio
dalla mia parte. Infatti non cerco altro che la sua gloria e la salvezza delle anime
che egli ha redento con il sangue del Figlio suo, Gesù Cristo Signore nostro. A
Lui — e non certo a Napoleone — a lui solo appartiene l’onore, la gloria e la
potenza nei secoli dei secoli».
Appena ebbe
finito di scrivere queste parole, padre Eugenio posò la penna, sollevò la
testa, si appoggiò lentamente allo schienale della sedia e, restando seduto, si
fermò a lungo a contemplare il Crocifisso appeso sulla parete di fronte. Eccolo
il suo Signore, da secoli raffigurato in croce, quasi a ritrarlo nel suo gesto
più alto d’amore. Aveva davvero dato la sua vita, il suo sangue, per gli
uomini. Per tutti gli uomini. Anche per i giovani di Aix. E adesso il Governo
voleva mettere le mani su di loro per contrabbandare le sue idee atee e materialiste.
È sempre stato
così. Se vuoi rifare una società diversa devi puntare sulle nuove generazioni,
più permeabili ai nuovi ideali, più recettive, più disponibili, più dinamiche.
Non hanno niente da perdere e tutto da guadagnare. Non hanno remore che le
tengano legate a vecchi schemi. Napoleone imperatore lo sapeva bene. Ma lo
sapeva anche Eugenio.
Quando, diventato
prete, p. Eugenio era tornato nella sua città di Aix conosceva a fondo il mondo
giovanile del suo tempo. A Parigi, dove aveva studiato, si era immerso in quel
mondo e vi aveva portato, con successo, il messaggio liberatore del Vangelo.
Ora che era prete voleva spendere tutta la sua vita per loro. A mons. Jouffret,
Amministratore della diocesi, che gli chiedeva cosa avrebbe voluto fare una
volta arrivato ad Aix, aveva risposto senza esitazione: «Ho una sola ambizione:
dedicare tutta la mia vita ai poveri e ai giovani».
La strada verso i
poveri l’aveva inaugurata pochi giorni prima parlando loro nella chiesa della
Maddalena alle sei del mattino, quando la servitù e gli operai erano liberi da
ogni lavoro. Aveva parlato in provenzale, la lingua del popolo. Era stato un
discorso di fuoco, un discorso programmatico nel quale svelava ai poveri, agli
oppressi, alla gente semplice, umile e ignorante — quella a cui nessuno presta
attenzione — l’altissima dignità del loro essere figli di Dio. Aveva spiegato che
ogni uomo e donna hanno un valore inestimabile agli occhi di Dio perché «il
Signore ha versato il suo sangue per loro, soltanto Dio è degno di loro, e che
sono i prediletti di Dio». Da allora ogni mattina, per tutta la quaresima, la
chiesa si riempiva di gente, contenta di ascoltarlo.
Ora era arrivato
il momento di lanciarsi verso i giovani. Il Crocifisso appeso sulla parete
pareva confermarlo nel suo intento: «Sì, io ho dato la vita per tutti, anche
per i giovani di questa città. Tu ora, Eugenio, sii me, va verso di loro a
continuare la mia opera di salvezza, sii con me loro salvatore. Se li rigeneri
a vita nuova avrai rigenerato la Chiesa, la società».
Padre Eugenio
riprese in mano la penna, la intinse d’inchiostro nel calamaio, e continuò a
vergare il suo proclama: «La Francia è ormai invasa da scuole superiori dove l’allontanamento
della fede è incoraggiato, tollerato — a dir poco — il comportamento immorale,
inculcato il materialismo. È un quadro desolante ma vero e potrei andare oltre
senza paura di calcare la mano. Governo infame, che vuole distruggere la
religione cattolica! Vuole corrompere la Francia pervertendo i giovani,
indirizzando verso di loro tutti i mezzi seducenti di cui dispone. Io lo
contrasterò sul suo stesso terreno: mi lancerò in mezzo ai giovani e farò di
tutto per dar loro proprio quello che il governo vuol togliere: l’amore per la
virtù, il gusto della vita cristiana...».
Quando Eugenio
finì di scrivere era notte fonda. Era stanco ma contento. Aveva lanciato la sua
sfida, sicuro di vincere. Era il 23 aprile 1813.
Oggi ho guidato i nostri Oblati d’Europa nei
luoghi degli incontri segreti di quei giovani di 200 anni fa.
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