Quando
Paul Cézanne nacque ad Aix in via de l’Opéra, nel 1839, il suo illustre
concittadino Eugenio de Mazenod era stato nominato vescovo di Marsiglia da poco
più di un anno. I due non si sono mai incontrati, ma hanno condiviso la
passione per una città d’una bellezza unica. De Mazenod l’ha fatta conoscere
per il mondo intero tramite i suoi missionari, Cézanne tramite i suoi quadri.
Ho
percorso la strada che il pittore percorreva ogni giorno, con le sue tele e i
suoi pennelli, verso le colline d’intorno, attratto dalla straordinaria natura
della Provenza. Sono salito al plateau Bibémus e ho proseguito verso il piccolo
lago artificiale Zola.
La
montagna della Saincte Victoire è sempre davanti all’orizzonte.
Cézanne
non si è mai stancato di dipingerla, in decine di e decine di quadri, in tutte
le stagioni dell’anno. Come non si sono stancati gli altri pittori attratti
dalla Provenza: Van Gogh, Gauguin, Picasso (di cui ho visto da lontano il
castello dove ha vissuto ed è sepolto).
Non
ci si stanca mai di ammirare la montagne e i boschi d’intorno e le rocce dai
caldi colori che, come scriveva “il Pater
Omnipotens Aeterne Deus dispiega
davanti ai vostri occhi”. Era sempre insoddisfatto della sua opera. Ancora alla
fine della vita scriveva: “Arriverò un giorno allo scopo tanto cercato e così a
lungo inseguito? Studio sempre la natura dal vivo e mi pare di fare qualche
lento progresso.” Non sono ammirevoli questi artisti sempre alla ricerca della
perfezione?
Ho
letto che le lunghe camminate a
piedi, le escursioni in montagna, gli fornivano un contatto diretto, duro e
sofferto, con la natura. Tutta la sua opera non è che un dialogo con le cose,
nature morte e paesaggi, oggetti nei quali ha cercato di carpire un segreto
attraverso ore di solitaria contemplazione.
Non
aveva fretta. Attendeva per ore, nascosto come una lucertola, che la luce
cambiasse d'inclinazione sulle rocce della montagna, spiava i mutamenti lenti e
solenni della natura. Aveva visto come l'acqua corrode le pietre nel greto del
fiume, come il vento lima la roccia soffiando nei crepacci, come gli alberi si
piegano e resistono nel turbine di un uragano... Col suo modo di dipingere
voleva imitare gli stessi procedimenti della natura.
Della
natura diceva: “Bisogna inchinarsi di fronte a quest'opera perfetta. Da essa tutto
deriva, per essa noi esistiamo, dimentichiamo il resto.”
Nessun commento:
Posta un commento