Sono nella villa degli ospiti, vicino alla vecchia fattoria. Una giornata intensa, cominciata con il volo verso l’alto, spiccato da Fiumicino, che in pochi minuti mi portato tra cielo e mare, prima di virare di nuovo sulla terra ferma, alla volta di Venezia, Vienna, Poznan. Dopo lo squarcio di luce sul litorale romano, lo strato di nubi sotto di noi è rimasto costante fin qui in Polonia, celando ogni visione dal basso, quasi a obbligarmi a mirare il cielo, quel cielo che sant’Eugenio mi aveva spalancato alla meditazione del mattino: “… ne avrei abbastanza di Roma; non mi ci posso abituare a vivere separato da chi amo, non ho godimento alcuno lontano da essi. Oh! come staremo bene in cielo quando saremo lì tutti uniti: niente più viaggi, nessuna separazione, benché sprofondati in Dio ameremo ancora e molto i nostri amici. La vista intuitiva di Dio non impediva a Gesù Cristo di amare gli uomini, e tra di essi gli uni più degli altri. Ecco il modello, con buona grazia dei mistici raffinati i quali a forza di perfezione vorrebbero darci una natura diversa che di certo non varrebbe di più di quella che Dio ci ha dato. Tant'è: lontano dai miei per me non c'è felicità” (9 dicembre 1825).
All’aeroporto mi aspettava padre Jozef Wcislo. Singolare la sua vocazione. Figlio di contadini sperduti nelle campagne, poteva studiare al liceo ed abitare gratis in un internato, grazie alle agevolazioni dello stato socialista. Nell’internato oltre duecento ragazze e venti giovani. Condivideva la stanza con altri quattro. Uno di loro, tornato dalle vacanze, racconta di un missionario del suo paese che lavora in Canada, mostra le foto ed entusiasma tutti. Jozef si fa Oblato, uno dei suoi compagni Salesiano, un altro prete diocesano. Dopo aver studiato a Roma e a Lublino Jozef, da quattro anni è professore di Scrittura ad Obra. I suoi compagni di sacerdozio lo hanno lasciato solo in Polonia e se ne sono andati missionari in Madagascar, Turkmenistan, Ucraina, Repubblica Ceca, Canada…
Altre due ore di viaggio prima di giungere al piccolo villaggio di Obra. Un incidente, lungo la strada, ci obbliga a lunghi giri per campi, letteralmente, su strade sterrate. I campi sono verdi dei primi germogli di grano, in attesa di essere coperti di neve. Spuntano per tempo, perché sanno che la primavera sarà troppo breve… Nei boschi aceri e betulle si arrendono e lasciano che le foglie se vada libere, coi loro colori d’ocra, mentre gli abeti rimangono imperterriti al cambio delle stagioni.
Arrivo allo scolasticato che è già buio, in tempo per vedermi sfilare davanti gli studenti con le loro vesti e il crocifisso degli Oblati, schierati come un’armata. Subito nella grande sala da pranzo per il rito della cena, tipicamente polacca: zuppa fatta con uova sode e insaccati, seguita da fette di pane con burro, ricotta, altri insaccati, il tutto rigorosamente prodotto nell’azienda agricola di casa.
Dopo cena rosario e… festa al nuovo ospite!
Nessun commento:
Posta un commento