Il quinto mistero glorioso - Monteoliveto Maggiore, Siena |
Festa della Madonna del Rosario.
Da Pio V a Giovanni Paolo II il Magistero pontificio non ha smesso di raccomandare la recita del Rosario. Leone XIII, che dedicò a questa preghiera ben 22 documenti, lo considerava “una maniera facile per far penetrare ed inculcare negli animi i dogmi principali della fede cristiana”. Pio XII lo presenta come “sintesi di tutto il vangelo, meditazione dei misteri del Signore”. Giovanni XXIII ne ha fatto la sua abituale preghiera, lungo tutta la sua vita, prima di farne oggetto di una intera lettera apostolica, Il religioso convegno (1961). Per Paolo VI “meditando i misteri del s. rosario noi impariamo, sull’esempio di Maria, a diventare anime di pace, attraverso il contatto amoroso e incessante con Gesù e coi misteri della sua vita redentrice”.
Accanto al magistero pontificio e all’insegnamento dei teologi, c’è anche il magistero vivo dei santi che hanno pregato e insegnato a pregare il Rosario. Chi ricordare? San Filippo Neri, che trascorreva notti intere a conversare con Maria? Santa Bernardetta, che appena vide la Signora mise istintivamente la mano nella tasca per prendere la corona? Il beato Bartolo Longo, san Massimiliano Kolbe? Per oggi basta il beato Luigi Orione, che parla del Rosario come del “Vangelo popolarizzato”, “Vangelo in compendio”
Un santo così vicino alla gente semplice e povera non poteva non apprezzare questa forma di preghiera semplice. Essa “pone sulle labbra del fedele le più belle parole che si leggano nel Vangelo. (…) Poi lo conduce a contemplare, nei suoi misteri, le virtù, i dolori, le glorie dei principali personaggi che nel Vangelo si incontrano, e che da 19 secoli sono l’oggetto del culto del mondo civile. Il Rosario è dunque il Vangelo presentato ai cristiani in una forma popolare”. “Che sintesi di fede, di immortali speranze, di carità, di amore di Dio e degli uomini è il S. Rosario ! Sono i punti più salienti del Vangelo. Viviamo il Rosario e vivremo il Vangelo! Vivremo Gesù e Maria”.
Non mancano i consigli pedagogici per la recita della corona: “Sì dirà che questa preghiera è una ripetizione di parole identiche, la quale deve finire per cagionare la noia? Ma e che cosa è una musica melodiosa? Non è forse la ripetizione di un medesimo motivo? E che cosa è l’applaudire che si fa ad una regina? Non è forse la ripetizione di una stessa parola, del suo nome cioè, accompagnato da battimani che si vorrebbe non finissero mai? E quali parole più belle a ripetersi di quell’Ave Maria, che, spiegate dai primi geni del Cristianesimo, riempiono già dei loro commenti più di quarantamila volumi? E quanto al Pater Noster…? Volete qualche cosa più sublime? Recitate il Pater Noster. E il Gloria, non ti rammenta la pace annunziata dagli Angeli sul presepio di Betlemme?”
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