lunedì 17 ottobre 2011

Il segreto dei salesiani

Sulla rivista “Se vuoi” è apparso un mio piccolo articolo sul segreto dei Salesiani (“Amare quello che piace ai giovani”)
Don Giovanni Bosco, giovane sacerdote, ha appena terminato di celebrare la messa in una chiesa di Torino. Un ragazzo “si permette di curiosare in sacrestia”. Il sacrestano lo sgrida e lo caccia picchiandolo con una canna. Don Bosco lo ferma e rimprovera il sacrestano dicendogli che è suo amico. Gli domanda come si chiama: “Bartolomeo Garelli!”. “Vive tuo padre?”. “No, mio padre è morto”. “E tua madre?”. “Mia madre è anche morta”. “Quanti anni hai?”. “Ne ho sedici”. “Sai leggere e scrivere?”. “Non so niente”. “Sai cantare?”. “No”. “Sai fischiare?”. Il giovane si mette a ridere. Ecco trovato l'elemento d'incontro. Bartolomeo torna la domenica seguente con altri amici, senza più paura di prendere botte dal sacrestano, ormai ha un prete per amico. Il sogno che Giovannino Bosco aveva avuto da piccolo comincia ad avverarsi.
Aveva 9 anni quando avvenne quel sogno profetico: si trovava in mezzo a una moltitudine di ragazzi intenti a giocare. Alcuni, però, bestemmiavano. Subito Giovannino si gettò in mezzo a loro con pugni e calci per farli tacere; ma ecco farsi avanti un Personaggio che gli dice: “Non con le percosse, ma con la bontà e l’amore dovrai guadagnare questi tuoi amici... Io ti darò la Maestra sotto la cui guida puoi divenire sapiente, e senza la quale, ogni sapienza diviene stoltezza”.
Davanti alla casa di don Boscro
Il personaggio era Gesù e la Maestra Maria, alla cui guida Giovannino si abbandonò per tutta la vita chiamandola “Ausiliatrice dei cristiani”. Giovanni Bosco imparò a fare il saltimbanco, il prestigiatore, il cantore, il giocoliere, per attirare a sé i compagni. “Se stanno con me, diceva alla mamma, non parlano male”. Poi divenne prete e si stabilì a Torino.
Torino, nella prima metà del 1800, era piena di poveri ragazzi come Bartolomeo, in cerca di lavoro, orfani o abbandonati, esposti a molti pericoli. Don Bosco cominciò a radunarli la domenica, ora in una chiesa, ora in un prato, ora in una piazza per farli giocare ed istruirli nel catechismo. Dopo cinque anni di difficoltà e incomprensioni, si stabilì nel rione periferico di Valdocco, dove aprì il suo primo Oratorio. Qui era amato dai suoi “birichini” (come egli li chiamava) e con essi si fece santo.
Il suo segreto? L’amorevolezza, che è, come spiega lui stesso “amore che si esterna in parole, atti e perfino nell'espressione degli occhi e del volto”. “In che modo riuscirò ad educare bene i giovani del mio Collegio?”, gli domandò un giorno un padre gesuita del Portogallo. E don Bosco “Amandoli!”. Ai suoi giovani egli non aveva paura di dire: “Miei cari, io vi amo di tutto cuore, e mi basta sapere che siete giovani perché io vi ami assai. Troverete scrittori di gran lunga più virtuosi e più dotti di me, ma difficilmente potreste trovare chi più di me vi ami in Gesù Cristo, e più di me desideri la vostra vera felicità”. Era un amore concreto, il suo, fatto di una casa, cibo, vestiti, affetto, istruzione, gioco... “Insomma trattiamo i giovani come Gesù Cristo stesso tratteremmo, se fanciullo abitasse in questo luogo”.
Pur essendo centinaia e centinaia, ognuno di loro sentiva di avere con Don Bosco un rapporto personale così profondo da sembrargli privilegiato, anzi unico. Spesso i ragazzi si assiepavano attorno cercando di contendersi questo privilegio. E lui: “Ora tocca a me rispondere chi sia da me più amato. Dite voi: questa è la mia mano; quale di queste cinque dita è più amato da me? Io vi dirò che vi amo tutti e tutti senza grado e senza misura”. La "parola all'orecchio" che diceva all’uno o all’altro  durante il gioco, oppure le letterine o i bigliettini e messaggi, erano segreti, personalizzati, adatti a quel ragazzo singolo, in quel momento particolare. Aveva coniato la formula: “Amare quello che piace ai giovani”.
Ma amare non basta. Scriveva don Bosco in una lettera del 1884: “Che i giovani non solo siano amati, ma che essi stessi conoscano di essere amati… Chi vuol essere amato bisogna che faccia vedere che ama”. Ha intuito che il vero amore deve essere visibile e che soprattutto occorre suscitare la reciprocità di amore, nella convinzione che “chi è amato ottiene tutto specialmente dai giovani”.
Per continuare la sua opera fondò la Congregazione Salesiana, i cui primi membri erano proprio quei giovanissimi che vivevano nel suo oratorio. Oltre i ragazzi c’erano anche le ragazze di cui prendersi cura, ed ecco le Figlie di Maria Ausiliatrice, fondate assieme a Santa Maria Domenica Mazzarello.
Torino era troppo piccola per don Bosco. La sua opera si dilatò per tutta l’Italia e nel 1875 partì la prima missione salesiana diretta in Argentina. Attualmente i 16.400 Salesiani sono presenti in 128 nazioni, le Figlie di Maria Ausiliatrice sono 15.000. Con loro anche i Cooperatori Salesiani (35.000), gli Ex-Allievi di Don Bosco (197.730) e tutta una grande Famiglia Salesiana che conta circa 402.500 membri.
Don Bosco è ancora vivo e continua a ripetere, come al momento della sua morte, avvenuta il 31 gennaio 1888: “Dite ai giovani che li aspetto in Paradiso...”. 

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