sabato 26 aprile 2025

Il “popolo santo di Dio” di papa Francesco




Dopo i primi 100 giorni di pontificato di papa Francesco annotavo una serie di gesti che mi avevano particolarmente colpito: la visita ad un cardinale amico ricoverato in ospedale, la lavanda dei piedi ai giovani carcerati, tra cui una ragazza musulmana, con un’omelia di tre minuti, la vicinanza fisica alla gente, la messa quotidiana con il personale del Vaticano, cominciando dai netturbini… Scendere dalla camionetta per abbracciare un paralitico, mettere il ciuccio in bocca a un bambino che piange impaurito...

Gesti – scrivevo – che non si improvvisano, ma che gli sono diventati abituali nel lungo esercizio di una vita. Sono gesti, questi, che parlano più delle parole, o che danno sostanza alle parole.

Con i gesti le parole, che da quelli acquistano una nuova credibilità. Parole chiave tornano di frequente nei suoi discorsi. Al termine dei fatidici 100 giorni raccoglievo le prime.

“Novità”, a indicare la volontà di mantenersi aperti e fiduciosi in quelle che chiama le “sorprese” di Dio nella storia. È l’invito a non avere paura, a guardare al futuro, a lasciarsi guidare dallo Spirito che “spinge la Chiesa ad andare avanti”, evitando di “addomesticarlo”, e di ripudiare la “novità” conciliare.

 “Rispetto e dialogo”. Il giorno stesso della sua elezione ha scritto al rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, invitandolo all’inaugurazione del suo pontificato e affermando di voler “contribuire al progresso che le relazioni tra ebrei e cattolici hanno conosciuto a partire dal Concilio Vaticano II, in uno spirito di rinnovata collaborazione e al servizio di un mondo che possa essere sempre più in armonia con la volontà del Creatore”. Stessa apertura verso “la promozione dell’amicizia e del rispetto tra uomini e donne di diverse tradizioni religiose”. Rispetto e dialogo si sono fatti gesto eloquente nel primo incontro con i giornalisti: imparte una benedizione soltanto con il cuore “rispettando la coscienza di ciascuno, ma sapendo che ciascuno di voi è figlio di Dio”. Nel libro intervista curato da Sergio Rubin e Francesca Ambrogetti, Bergoglio affermava: “La cultura dell’incontro è l’unico modo di far andare avanti la famiglia e i popoli”.

“L’odore delle pecore” è un’altra delle parole fortunate rivolta ai sacerdoti il giovedì santo invitandoli a vivere in mezzo alla gente. Abbiamo un papa che ha addosso l’odore delle pecore.

Di qui altre due parole eloquenti ripetute all’infinito: “uscire” e “periferie”, andare incontro agli altri lì dove essi vivono, nelle periferie fisiche ed esistenziali. Il Papa rilegge la parabola di Luca con una nuova attuale matematica: non ci sono più 99 pecore nell’ovile e una smarrita che occorre andare a cercare; nell’ovile ne è rimasta una soltanto, le altre 99 sono fuori ed è inutile stare a “pettinare” l’unica rimasta: “uscire da noi, come Gesù, come Dio è uscito da se stesso in Gesù e Gesù è uscito da se stesso per tutti noi”.

Questa che ho copiato è la presentazione di un mio libretto del 2021, quando raccolsi alcuni brevi appunti di suoi gesti e parole, annotati in maniera non sistematica, lasciandomi guidare dalle occasioni: "Parole e gesti di papa Francesco". Il cardinal Del Re, nell’omelia per il funerale di papa Francesco – che ho potuto seguire anche da qui in Cemeroun –, ha ricordato molti altri suoi gesti e molte altre sue parole mostrandoci la su grandezza e la sua vicinanza.

Tra “parole” di papa Francesco da me raccolte, mi piace rileggere “popolo”:

Parola a rischio di fraintendimenti. “Popolare” indica sovente le classi sociali meno elevate, socialmente e culturalmente svantaggiate, oppure qualità di poco valore. “Populismo” richiama un atteggiamento politico che tende a manipolare per propri interessi. Il termine “popolo”, ricco di valori antropologici, civili, spirituali è svilito. Sulla bocca di papa Francesco riacquista il senso della tradizione biblica e teologica.

Il “cammino sinodale”, chiesto a tutta la Chiesa, non potrà essere percorso se non individuiamo chiaramente il soggetto di tale cammino: l’intero “popolo di Dio”, che non è sinonimo – altro fraintendimento – di laici. Esso è composto da tutti i diversi soggetti ecclesiali, dal Papa ai laici, tutti “fedeli” per il battesimo e la partecipazione al sacerdozio comune. Soltanto così si può instaurare una “comunione” autentica, con relazioni orizzontali, davvero fraterne, che superi una visione di Chiesa piramidale.

«Avete sperimentato – rilevava il Papa parlando ai giovani italiani riuniti al Circo Massimo a Roma – quanto costa fatica accogliere il fratello o la sorella che mi sta accanto, ma anche quanta gioia può darmi la sua presenza se la ricevo nella mia vita senza pregiudizi e chiusure. Camminare soli permette di essere svincolati da tutto, forse più veloci, ma camminare insieme ci fa diventare un popolo, il popolo di Dio. Il popolo di Dio che ci dà sicurezza, la sicurezza dell’appartenenza al popolo di Dio… E col popolo di Dio ti senti sicuro, nel popolo di Dio, nella tua appartenenza al popolo di Dio hai identità. Dice un proverbio africano: “Se vuoi andare veloce, corri da solo. Se vuoi andare lontano, vai insieme a qualcuno”» (11 agosto 2018).



1 commento:

  1. Grazie Padre Fabio sempre di più conosceremo l'umiltà =grandezza di Papa Francesco e queste tue pagine ci aiutano a conoscerlo ancora di più.

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