Dopo aver attraversato l’Egitto sorvoliamo il Mar Rosso (blu
come tutti i mari), l’Eritrea e finalmente l’Etiopia. Paesaggi desertici fin
quando attorno ad Addis Abeba le colline verdeggiano. I villaggi, con le case
dai tetti di lamiera, luccicano sotto il sole del mezzogiorno.
Addis Abeba: chi avrebbe mai pensato che sarei giunto fin
qui… La compagnia aerea, considerata la lunga sosta in transito, mi offrire
albergo e pasti. Così esco dall’aeroporto, poco frequentato, e entro in città. Fuori
della strada principale, un cammino sterrato conduce all’albergo. Guardando la
cartina mi accorgo che la cattedrale ortodossa del Salvatore del mondo è a due
passi. Per uscire devo firmare un documento che declina ogni responsabilità da parte
dell’albergo. Sono così per strada. Traffico inesistente. Tanti giovani strasciconi
o sdraiati all’ombra dei muretti. Tutti salutano e chiedono qualche soldo.
Sotto gli alberi i soliti ristori. La cattedrale è chiusa, ma diversi fedeli
giungono alle porte, si inginocchiano, si prostrano e pregano.
Un tocco, un tocco soltanto, quanto basta per sentire che mi piacerebbe conoscere questa gente, gentilissima, che saluta, sorride… Alcuni ragazzi mi invitano a sedermi in un riparo lungo la strada, quattro assi e un sedile rivestito di cartone. Ci scambiamo i nomi, ma i loro per me sono troppo lunghi e troppo difficili da pronunciare. Io mi chiamo solo Fabio.
Un tocco,
un tocco soltanto…
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