lunedì 31 marzo 2025

Il silenzio di Gesù e il nostro

Ristampa del libretto "Testamento di Luce. Le ultime parole di Gesù".

Prima di ricordare le “sette parole” di Gesù in croce ho ricordato i sette silenzi di Gesù nella sua passione. Mi piace contarli e ripassarli a uno a uno. 

In quei silenzi vedo Gesù che condivide il silenzio di quanti non sanno o non possono difendersi per far valere la propria innocenza. Condivide la sorte di quanti sono abbandonati da chi dovrebbe proteggerli. 

Nei giorni del lockdown provocati dalla pandemia del coronavirus il silenzio delle nostre strade e delle nostre città a volte era divenuto fatto surreale e aveva generato paura, sgomento. Anche questo Gesù ha condiviso, appieno. Ha condiviso il silenzio che calò a Hiroshima dopo la violenta esplosione della bomba, il silenzio dopo gli eccidi di villaggi interi ad opera di bande criminali dai nomi noti, il silenzio del mare che inghiotte profughi disperati…

Quanti altri silenzi, quante domande senza risposta nella vita d’ogni persona. Cosa rispondere davanti a situazioni assurde? Si è impotenti. Manca la parola. È quanto ha vissuto Gesù con la sua afonia: condivide la nostra impotenza e la nostra afonia. È il silenzio del sabato santo, che sta germinando la Pasqua di Resurrezione.

domenica 30 marzo 2025

Santa Maria in Campitelli

17 luglio 523, a Roma, Galla, figlia del Prefetto Simmaco, nel portico della sua casa, come ogni giorno aveva a mensa dodici poveri che serviva di persona. D’improvviso nella dispensa del palazzo apparve un improvviso bagliore. Il coppiere si precipitò ad avvertire la padrona. Galla accorse immediatamente e vide con stupore quell’insolita luce. Corse al Laterano, dove risiedeva il papa Giovanni I e lo pregò di andare a casa sua. Il Papa si recò processionalmente accompagnato da vescovi e cardinali e dal resto del clero e popolo romano, portando candele accese. Giunto nella casa di Galla entrò e vide anch’egli la meravigliosa luce con in mezzo due angeli che gli consegnarono un’immagine della Madre di Dio. Allora tutte le campane della città di Roma cominciarono a suonare.

Adesso, dopo varie peripezie, l’immagine è conservata nella chiesa di Santa Maria in Campitelli e invocata come “Porto sicuro dei romani”: un’immagine piccolissima in una chiesa grandissima.

Per la prima volta, per una minuscola scala a chiocciola, sono potuto salire fino all’icona… toccarla, pregarla...









sabato 29 marzo 2025

Un piccolo seme qua, un piccolo seme là…


Un piccolo seme qua, un piccolo seme là… qualcosa nascerà. Oggi con una quindicina di giovani per le vie di Roma sulle orme di sant’Eugenio. È sempre bello raccontare storie belle…

Compresa quella di sant’Eugenio che Pio IX nel 1854 invita a passare un mese al Quirinale con lui in occasione della proclamazione del dogma dell’Immacolata. Si era fermato all'hotel Minerva, in piazza omonima, ma vi dormì una notte soltanto perché il papà lo mandò subito a chiamare. Che dono potere stare in casa del papa! Lo incontrerò personalmente in udienza il 30 ottobre e il 26 dicembre, gli scrisse diverse lettere, invitandolo a non preoccuparsi dei dubbi e dell’opposizione di alcuni prelati alla definizione del dogma…

Matteo Casaretto, il fotografo, vuole una menzione speciale sul blog. Oltre a essere un bravo fotografo è anche un bravo ragazzo…

Un piccolo seme qua, un piccolo seme là…



Due noci di cocco

 


Dopo la messa una squadra di donne pulisce la chiesa e una squadra di ragazzi la casa parrocchiale: sembra stiano partecipando a una festa!



Continua la visita alle opere della missione: l’officina meccanica, la diga e la condotta per l’acqua… Tutto allo sfascio: la guerra, la mancanza di manutenzione… Celso non sembra impressionato come invece lo sono io; è abituato a vedere la decadenza delle opere costruite con tanti sacrifici e con l’apporto di tante persone venute come volontari dall’Italia. 


Il centro medico, che funziona soprattutto come maternità, è ancora aperto, ma visto con gli occhi di un occidentale come me… In compenso p. Michel ha messo su l’allevamento di polli, di maiali e presto di pesci. Si fa quel che si può.

Visita alla missione di Letia. Andiamo con l’auto che è stata prestata alla missione per questi giorni, tenuta su con i chiodi… ma intanto va avanti su e già per queste piste impossibili.

Celso racconta le storie di questa chiesetta e di questo villaggio. C’è stata anche una contesa con i confinanti. Nella scuola del paese il Fon – il capo – tenne il processo davanti a tutta la gente. Dopo aver esaminato le carte e ascoltato i testimoni, il fon emise il verdetto a favore di Celso. Grande battito di mani e grida di gioia da parte della gente. “Hai vinto – dice il Fon – ma adesso devi acquistare una cassa di birra e dare da bere a tutti”. Quello che aveva perduto la causa si alza: “Sono dispiaciuto di aver perso la causa, ma prometto di dimenticare tutto e di non creare problemi per il futuro, e anch’io offro una cassa di birra per tutti”.




Andiamo dunque al palazzo del Fon, che è morto da pochi mesi. La moglie ci accoglie con grande festa. Visitiamo la tomba, dietro casa, e ci intratteniamo un momento nella sala del trono. Ci congeda donandoci due noci di cocco. 




venerdì 28 marzo 2025

Per la carità perfetta


 Dopo aver perorato a lungo la causa della preghiera, Caterina da Siena, nel suo “Dialogo”, mette i puntini sulla i. Fa dire al Padre : “La preghiera vocale e interiore è voluta da me perché l’uomo giunga alla carità perfetta di me e del prossimo e per rimanere in essa”. 

Biasima poi quelli che perdono la pace se devono abbandonare le preghiere nei tempi stabiliti per andare a servire chi ha bisogno: “Certamente costoro mi offendono di più abbandonando la carità del prossimo che rinunciando in quel momento alla preghiera e alla pace interiore. Infatti nella carità del prossimo incontrano me, mentre, nel piacere, dove mi cercano, mi perdono… Il peccato non consiste… nell’abbandono della preghiera per il soccorso del prossimo ma nell’essere privi di carità per il prossimo, che si deve invece amare e servire per amor mio”.

giovedì 27 marzo 2025

Fratello, in cammino con noi

Faccio meditazione sul libro “Meditazioni” di Chiara… da 50 anni. Adesso però utilizzo l’edizione critica, ricchissima di spunti. In questo periodo sto leggendo anche “Il dialogo della divina Provvidenza” di Caterina da Siena. Che diversità, almeno nella forma. Quest’ultimo è un trattato sistematico, al volte pesante, comunque di peso. Ha delle pagine straordinarie; oggi ho letto sulla preghiera: tiene testa a Teresa d’Avila. L’altro, “Meditazioni”, è una rapsodia leggera… comunque, ugualmente di peso! Ormai un classico della spiritualità cristiana come quello di Caterina.

Di quest’ultimo oggi ho letto una pagina che mi è sembrata in continuità con quanto avevo scritto ieri sul blog riguardo a Gesù che cammina con noi: https://fabiociardi.blogspot.com/2025/03/con-passo-sicuro.html

Leggo di Gesù che nell'ultima cena, dopo aver chiamato i suoi discepoli “figliolini miei”, una volta risorto li chiama “fratelli”. Che Dio sia Padre lo si capisce, ma che si faccia fratello «è un tale mistero da potersi intravedere solo se si pensa che Dio è veramente l’Amore: l’Amore che dopo aver meritato, come Uomo, tutti i titoli di paternità verso gli uomini…, al limite della sua vita terrena, si mette a fianco degli altri…».

Gesù compagno di viaggio perché nostro fratello… Poteva esserci più vicino? Accanto a noi, a fianco a noi, in cammino con noi…

mercoledì 26 marzo 2025

Con passo sicuro

Sto disperatamente cercando l’immagine per la copertina di Oblatio Studia 14, un commento alle Costituzioni e Regole degli Oblati, preparato in occasione dei 200 anni della loro approvazione pontificia.

L’idea è quella di un cammino, perché le Regole sono questo, l’indicazione di un percorso.  Mi è venuto in mente il “compagno” ideale per questo cammino. Chi altro se non Gesù in persona, lui che si è definito la “Via”? L’immagine non potrebbe essere quella di Gesù che accompagna i due discepoli verso Emmaus? Chissà se gli Oblati si riconosceranno nei due discepoli e non volessero essere accompagnati da Gesù stesso?

Quale immagine di Emmaus? Ne abbiamo una molto bella nella nostra comunità di Marino. È un quadro che ci regalò tanti anni fa una Pia Discepola, Cesarina Giordani, una grande artista. Ho parlato di lei qualche anno fa sul blog: https://fabiociardi.blogspot.com/2022/11/le-madonne-di-marino.html

Il dipinto è quasi monocromatico, eppure di mille sfumature. Infonde un senso di malinconia, o forse di nostalgia. Padre Marino - destinatario del dono - non ne era molto soddisfatto e lo disse all'artista: Perché la strada non si apre all'orizzonte e rimane come ostruita dalle colline lontane? Gli pareva un segno di incertezza, di poca speranza: lo leggeva nel quadro e nel cuore della pittrice...

A me piace. I due camminano controvento, ma decisi, con passo sicuro, traendo forza da colui che li accompagna: è più grande di loro ed emana luce, infonde sicurezza, senza esaltazione, con pacatezza, e forse proprio per questo con maggiore efficacia. Quello di cui abbiamo bisogno anche noi, oggi…

martedì 25 marzo 2025

Un carisma per il futuro

Due ore di lezione con una decina di dottorandi dell’Università di Macerata. Che esperienza bella e arricchente! Sapere che ci sono giovani che fanno sul serio… Il mio tema era il percorso storico del concetto di carisma, con un confronto tra il ritratto del leader carismatico tracciato da Max Weber e quello di un fondatore di un movimento religioso.

Weber utilizza il concetto biblico di carisma per descrivere e analizzare un certo tipo di potere che chiama appunto carismatico, gestito da una persona che si manifesta in particolari momenti di bisogno o di crisi, quando la gestione ordinaria del potere si mostra incapace di apportare i cambiamenti necessari. Con modi insoliti, spontanei e creativi, egli è capace di trasformare lo status quo. Rompe con determinati schemi ormai inadeguati, ed è portatore di nuovi valori e modelli di comportamento. È animato da ideali propri, distinti dalla quotidianità della vita ordinaria, e dal desiderio di diffondere il messaggio su cui si regge. Si sente investito da un compito. È un eletto, un ispirato, a cui è stata affidata una missione. Detiene qualità straordinarie che lo portano a galvanizzare attorno a sé un gruppo di seguaci-discepoli che lo riconoscono come leader indiscusso: gli accordano piena fiducia e obbedienza incondizionata…

Troviamo elementi di continuità e di discontinuità nei fondatori e nelle fondatrici rispetto al profilo del “capo carismatico” elaborato da Weber. Ho rilevato soprattutto le discontinuità. Tra le altre la non sempre evidente presenza di qualità straordinarie. Il più delle volte ci sono, ma il soggetto non fa leva su di esse; preferisce mettere in luce le proprie fragilità, inadeguatezze…, così da dare risalto all’azione gratuita di Dio in lui, che ne diventa strumento. In ciò vi è una continuità con Paolo, al quale spesso essi fanno esplicito riferimento, citando proprio il testo tratto dalla Lettera sui carismi: «quello che è stolto per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i sapienti; quello che è debole per il mondo, Dio lo ha scelto per confondere i forti; quello che è ignobile e disprezzato per il mondo, quello che è nulla, Dio lo ha scelto per ridurre al nulla le cose che sono, perché nessuno possa vantarsi di fronte a Dio» (1Cor 1,27-29). Occorre sempre distinguere tra il dono di Dio – il tesoro, in questo caso il carisma – e il vaso di creta nel quale esso è contenuto (cf. 2 Cor 4, 7).

Il carisma del fondatore ha inoltre una dimensione collettiva, che continua anche dopo la sua morte. Ed è questa una realtà sorprendente. Quando il fondatore muore, si adempie la parabola evangelica del chicco di grano che deve cadere in terra e morire per portare frutto. La sua morte è l’inizio di una nuova fecondità. Sembra di sentir riecheggiare le parole di Gesù: «È bene che io me ne vada, altrimenti non potrà venire a voi lo Spirito» (cf. Gv 16, 7); «Farete cose più grandi di me» (cf. Gv 4, 12). Perché il carisma possa sprigionare tutta la sua creatività è necessario il dono estremo della vita da parte del fondatore.

Bello il breve ma intenso dialogo con gli studenti, colpiti soprattutto dalla dimensione sociale dei carismi religiosi, che ho loro tracciato, e dal contributo da essi dato alla storia umana… Interessati (e preoccupati) delle nuove sfide che tecnologia e informatica pongono alla nuova leadership mondiale. Occasione per parlare insieme del valore dei rapporti personali, della costruzione della fraternità…

lunedì 24 marzo 2025

Annunciazione: l'inizio di tutto

 

Ho aperto il blog e ho cercato la voce annunciazione. Quanti post in tutti questi anni! Da Nazaret a Loreto, dalla Santissima Annunziata di Firenze al nostro giardino. Ho commentato tante opere d’arte che ritraggono quell’annuncio dell’angelo, le parole di Maria...

È il primo mistero del Rosario, come la porta d’entrata nella contemplazione. L’avevano capito bene i nostri antichi, per questo avevano fissato il primo giorno dell’anno al 25 marzo: l’inizio… di tutto. Tutto inizia con Dio che viene tra noi. Maria lo accoglie e ci insegna ad accoglierlo.

domenica 23 marzo 2025

Attraversare la porta santa insieme...

È bastata una porticina di cartone per fare le prove per entrare nella Porta Santa. Gliel’ho spiegata bene e poi a uno a uno sono entrati, dopo aver bussato ed essere stati aperti. Di là finalmente a casa: il Paradiso!

Qualche bambino più piccolo si vergognava un po’ o aveva paura… allora qualcuno più grande lo prendeva per mano e insieme, raggianti, attraversavano la porta. Insieme! Un cammino fatto insieme, che aiuta a superare le difficoltà: che grande insegnamento… E gli adulti che imparano dai bambini… Che bella giornata ad Arezzo!

sabato 22 marzo 2025

Sulla quarta parola

Ad Arezzo? Vedremo come andrà, speriamo bene … Intanto, dopo l’ultima delle “quattro parole”, ecco un paio di reazione:

- Grazie del Blog, solo oggi ho capito Gesù abbandonato. In quanto a dare la vita gliel’ho chiesto molte volte, la prima volta avevo 15 anni. Glielo chiedo anche adesso per far passare le guerre. Ma ho capito che la mia vita non la vuole ancora, devo ancora patire e morire qui in terra. Grazie.

Stavo riflettendo sul tuo Blog di ieri: Una volta mi sentivo "sfortunata" per essere nata in Venerdì Santo, invece della domenica di Pasqua, ma ora ne vedo la bellezza. Adesso mi sento orgogliosa di essere nata il Venerdì Santo! È il simbolo massimo dell'amore che Gesù ha avuto per tutti noi. Spero di essere anch'io in grado di avere un amore simile per gli altri.

venerdì 21 marzo 2025

Preghiera accorata


Signore, non distogliere da me il volto (Tobia 3, 6)

Risplenda su di noi, Signore, la luce del tuo volto (Salmo 4, 7)

Di te ha detto il mio cuore: «Cercate il suo volto»; il tuo volto, Signore, io cerco. Non nascondermi il tuo volto (Salmo 27, 8-9)

Quando verrò e vedrò il volto di Dio? (Salmo 42, 3)

Su di noi faccia splendere il suo volto (Salmo 67, 2)

Non nascondere il volto al tuo servo, (Salmo 69, 18)

Fa’ splendere il tuo volto e noi saremo salvi (Salmo 80, 4.8.20)

Beato il popolo che ti sa acclamare

e cammina, o Signore, alla luce del tuo volto (Salmo 89, 16)

Non nascondermi il tuo volto (Salmo 102, 3)

Cercate sempre il suo volto (Salmo 104, 4)

Fa’ risplendere il volto sul tuo servo (Salmo 119, 135)

Non nascondermi il tuo volto (Salmo 143, 17)

giovedì 20 marzo 2025

Quattro parole per realizzare il sogno di Dio / 4

 

Ed eccoci alla quarta parola per realizzare il sogno di Dio; una parola che dice la densità, l'intensità, la durata dell’amore. È l’amore di chi avendo amato i suoi li amò fino in fondo, fino alla fine.

Appena Chiara sente dire che il momento nel quale Gesù ha più patito, è quando grida, "Dio mio, perché mi hai abbandonato", si rivolge alla compagna accanto a lei e le dice: "Allora noi scegliamo Gesù nell'abbandono". Perché quello è il momento nel quale Gesù più ama. In quel momento è l'amore estremo: non c'è amore più grande di questo, dare la vita per gli amici.

La quarta parola non è una parola, è una Persona! Gesù Abbandonato (così come lo era l'amore vicendevole: Gesù in mezzo). L'amore non è un'idea, è una realtà seria, concreta, che domanda la vita: è Gesù, che entra nella nostra vita, in ogni nostro dolore e lo fa suo e lo redime e lo fa risorgere. Lo ha fatto quando era impotente, umiliato, povero, senza risorse…   

Tra quelle ragazze dei rifugi antiaerei si sigilla un patto: “Io sono pronta a dare la vita per te, io per te, io per te…”. Ma se sei pronta a darmi la tua vita sei pronta a darmi anche il tuo scialle, i tuoi guanti, il tuo tempo, a darmi tutto…

L'amore è entrare nella vita dell'altro, sentire i sentimenti dell'altro, “farsi uno”, riprendendo san Paolo: “Mi sono fatto giudeo con i giudei, greco con i greci, ateo con gli atei…”. Mi sono fatto ignorante con gli ignoranti, dubbioso con i dubbiosi… C'è uno che soffre? io soffro. C'è uno che ha fame? io ho fame. C'è uno che è escluso? io sono escluso. C'è un ammalato? io sono ammalato... 

Dunque: Andrò per il mondo cercandolo in ogni attimo della mia vita, nei miei dolori, in quelli delle anime accanto… Come Gesù: entrare in ogni divisione, in ogni negativo, in ogni tragedia umana, piccola o grande che sia, e condividere, pur nella nostra incapacità, e assumere, e patire, e vivere ogni situazione per farla risorgere.

mercoledì 19 marzo 2025

Quattro parole per realizzare il sogno di Dio / 3

Prima di passare alla terza parola, torniamo un attimo alla prima. Perché? Perché nel frattempo è partita per il Cielo Luciana Scalacci, una persona senza riferimenti religiosi, che si impegnata su tutti i fronti per contribuire l’unità. «Sai – diceva – questo dialogo tra persone di diverse convinzioni è nato non per convertire i non credenti, ma perché con Chiara avevamo capito che il mondo unito si fa con tutti. Che tutti siano uno. Se ne escludiamo anche solo uno, non siamo più tutti».

Tutti dunque. Cominciando da due… E cos’è che lega questi due prima e poi i tutti? L’amore reciproco. È questa la terza parola del Vangelo che è brillata in quei rifugi di guerra e che ha fatto capire la via per realizzare il sogno di Dio: «Amatevi l'un l'altro come io vi ho amato».

Non soltanto ama Dio. Non soltanto ama il prossimo. Guai se non lo facciamo. Ma l'amore è una semiretta, parte da qui e va all'infinito. L'amore reciproco è diverso: parte qui e torna qui. Va e torna. È quell'amore che fa nascere la comunità.

È l'amore tipico del cristianesimo. È il comandamento nuovo. Nuovo perché prima non c'era. L'ha portato Gesù, rispecchia la vita trinitaria, che prima non si conosceva. L’un l’altro, gli uni gli altri… Nel Nuovo Testamento lo ritroviamo declinato in mille modi: sostenetevi l'un l'altro, pregate l'uno per l'altro, servitevi l'un l'altro, stimatevi l'un l'altro, portate i pesi gli uni degli gli altri… È la reciprocità.

Questo comandamento non va vissuto soltanto tra due o tre persone, va portato a livello sociale: due parrocchie, due diocesi, tra le Chiese. Anche a livello sociale, politico, economico. E se l'amore reciproco fosse vissuto fra i partiti? Ama il partito dell'altro come il tuo. Tra i popoli? Ama il Paese dell’altro come il tuo… Eroico. Questo è martirio. Va bene, va bene, è martirio. Ma l'ideale del cristiano è il martirio.

È quella che Chiara chiama l'arte di amare. Amare tutti. Amare sempre. Amare per primi…. 

martedì 18 marzo 2025

Quattro parole per realizzare il sogno di Dio / 2

Tutti, tutti, tutti… Ma come si fa ad arrivare a tutti? È il punto di arrivo, il compimento del sogno…

Proprio oggi mi è arrivato un commento al blog di ieri: «È bello il carisma che tutti siano uno, ma difficile realizzarlo».

Ed ecco la seconda parola per attuare il sogno di Dio: due! È il punto di partenza per arrivare a tutti. Si parte in due, bastano due o tre… È questa la seconda parola che lo Spirito Santo ha messo in luce quando nei rifugi quelle ragazze leggevano il Vangelo. Sono state colpite da: «dove due o tre di voi sono riuniti nel mio nome, io sono lì in mezzo a loro».

Per arrivare a tutti si parte dalla persona che io ho accanto. Io sono uno. E il secondo chi è? Quello che Dio mi mette accanto nel momento presente. Può essere la moglie, il figlio, la cognata, il collega di lavoro, il compagno di scuola... E con lui, con lei, posso costruire l'unità.

Da qui nasce l'idea di creare quelle che Chiara chiama le “cellule di ambiente”. Perché non trovare una persona che con te vuole essere unita nello stesso Ideale? Sei un'infermiera nell'ospedale? Ma nell'ospedale, oltre a te ci sarà l'analista che la pensa come te. Voi due, nell'ospedale, anonimo, grandissimo, potete vivere un rapporto di unità tale che ci sia Gesù tra voi. Così nasce una cellula di due persone, che non sono due, ma sono tre, perché c'è un Altro in mezzo a loro. E se c'è lui, se c'è Gesù… Lo stesso nell'ufficio, a scuola, in parrocchia…

Gesù in mezzo. L'incarnazione che si fa concreta. L'ha promesso. “Io sarò con voi fino alla fine del mondo”. È l'ultima parola di Gesù prima di salire al cielo. È una promessa. E quando Dio promette si compromette. Si tratta di prendere sul serio questa presenza di Gesù. È più vera la sua presenza della nostra presenza. È più vero lui di me.

lunedì 17 marzo 2025

Quattro parole per realizzare il sogno di Dio / 1

Da Gaeta mi chiedono “le solite cose”, quelle che ho detto sabato pomeriggio… Quello che ho detto è difficile ridirlo, perché ho parlato a ruota libera, trascinato da un uditorio straordinario… Ma almeno lo schema… Ho semplicemente detto quattro parole per attuare il sogno di Dio.

Il sogno di Dio è presto detto: fare dell’umanità la sua famiglia. Lui l’ha creata così, ma in un giorno si è sfasciata. La storia umana è la storia della disgregazione, dell’odio, delle guerre e delle violenze. Il sogno di Dio è riportare tutti i figli assieme, a tavola, rifare la famiglia. Siamo sicuri che è così, perché è quello che ci detto Gesù alla fine della vita, nella preghiera del giovedì santo: “Padre, che tutti siano una cosa sola, come io e te siamo una cosa sola, anche loro in noi siano una cosa sola”.

Questa parola, che esprime il sogno, il desiderio di Dio, risuonò in maniera nuova nel rifugio dove le ragazze di Trento si rifugiavano durante bombardamenti della seconda guerra mondiale. L'unica cosa che si portavano con loro era il Vangelo, che leggevano a lume di candela. Comincia così la storia di Chiara e delle sue compagne, una storia tutta evangelica. Tutti carismi nascono dalla lettura del Vangelo, l'Evangelo, ma a un certo momento lo Spirito Santo illumina ognuno su una parola o alcune parole in modo particolare.

La parola che si illumina durante questi momenti di buio è quella che leggono al capitolo 17 del Vangelo di Giovanni: “Padre, che tutti siano una cosa sola…”. Questa è la parola che folgora Chiara. E poi lo ripeterà sempre. Per cosa siamo nati? Siamo nati per realizzare questo desiderio, il desiderio di Dio: creare l'unità fra tutti.

Come collaborare all’unità, alla realizzazione del sogno di Dio? Ecco quattro parole.

La prima è già contenuta nella preghiera di Gesù: tuttiÈ il punto di arrivo. L'unità ha una meta. Tutti. Tutti. Tutti. Tutti. Tutti. Tutti sono candidati all’unità. L'unità che ci è data non è per noi, è per costruirla l'unità.

Coinvolgere tutti, i membri dei diversi carismi, quegli antichi, quelli moderni, i vescovi, i sacerdoti, i religiosi… delle altre Chiese, delle altre religioni, il mondo della politica, il mondo della cultura, il mondo laico…

Nessuno escluso: “Tu, io, il lattaio, il contadino, il portiere, il pescatore, l’operaio, lo strillone... E gli altri tutti, delusi idealisti, mamme cariche di pesi, innamorati in prossimità di nozze, vecchiette spente in attesa della morte, ragazzi frementi, tutti... Tutti son materia prima per la società di Dio”.

I cittadini europei e gli immigrati, i poveri e i ricchi, tutti: ogni volta che vedo una persona deve avere uno sguardo nuovo nei suoi confronti; non posso dire, come mi verrebbe naturale, questo è simpatico, questo è antipatico, questo mi piace, questo non mi piace, questo parla come me, questo ha un accento straniero…

Occorre lo sguardo di Dio, che in ognuno vede un figlio suo, una figlia sua.  Essere cristiani vuol dire... Avere lo sguardo di Dio, avere gli occhi di Dio. Che tutti siano uno. Tutti. Senza esclusione di nessuno.

 

domenica 16 marzo 2025

Don Cosimino, il prete che tutti sogniamo

Ieri a Gaeta, al termine della conferenza, mi hanno regalo un magnifico album di foto sulla città, un libro sulla visita di Giovanni Paolo II e la biografia di don Cosimino. Ho sfogliato con grande interesse i primi due libri. Il terzo l’ho già letto tutto.

Mi ha fatto impressione come ieri, giornata dedicata a Chiara Lubich, don Cosimino fosse presentissimo in ogni intervento, come fosse lui a fare gli onori di casa.

Lo conoscevo per sentito dire, ma non così da vicino. Una vita straordinaria e una biografia scritta benissimo da Candela Capporani, che lo rende presente, vivo… Una persona di cui dici: “Vorrei essere come lui”.

Il prete che tutti sogniamo, vicino alla gente, che si fa accanto a poveri, che si fa carico dei problemi delle ragazze madri, dei ragazzi in difficoltà, che fa della parrocchia un centro aperto a tutti, credenti e non credenti, dove tutti si sentono a casa. Un prete che passa le ore in confessionale e gioca a pallone con i ragazzi, che organizza corsi prematrimoniali e marcie di solidarietà con gli operai. Un mistico, con una intensa vita spirituale e un forte impegno civile; un sorriso per tutti e un amore di una concretezza spaventosa…

Così si descrive lui stesso in occasione del 25° del suo sacerdozio: «Vorrei dirvi cosa è il sacerdozio per me, cosa significa oggi per me essere sacerdote, a 25 anni dal suo inizio. È essere, contemporaneamente - per quanto è possibile ad una creatura umana - Gesù del cenacolo e Gesù del calvario, Gesù delle folle e Gesù del Getsemani, Gesù degli osanna e Gesù del "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?", Gesù della morte e Gesù della risurrezione. In una parola: è essere sempre di più, ogni giorno un pochettino di più Gesù [...]. Sarà per il momento attuale di vita, sarà per un ulteriore oscuro dono del Signore, ora io vivo senza il passato e senza il futuro. Senza il passato: ricordo ben poco di quanto il Signore si sia servito di me; senza il futuro, che lascio totalmente al Signore cui mi affido sicuro. Si serva di me come vorrà. Non ho che l'attimo presente. In esso, poter fare o no, sia umanamente sia sacerdotalmente, non conta; conta solo essere quella volontà di Dio su di me. Questo io voglio».

Le sue ultime parole, quelle che danno tra l’altro il titolo al libro, sono la più bella preghiera che tutti vorremmo fare nostra con la sua intensità: «Dio, Dio-Amore, per te, solo per te!».

 

sabato 15 marzo 2025

Gaeta: una stele per Chiara donna del dialogo


Eccomi a Gaeta. L’ultima volta venni a maggio del 2019, assieme a Simonetta Magari con la quale presentai il mio libro “Il cenacolo, la nostra casa”.

https://fabiociardi.blogspot.com/2019/05/eugenio-e-pio-ix-tra-gaeta-e-marsiglia.html

Adesso sono qui per l’inaugurazione di una stele in onore di Chiara Lubich, “donna del dialogo”, che ha tracciato, con il suo insegnamento, “una via di santità religiosa e civile praticabile da tutti”. L’installazione era già prevista nel deliberato dell’amministrazione comunale che aveva insignito nell’aprile del 2022 la fondatrice del Movimento dei Focolari della cittadinanza onoraria di Gaeta, con la motivazione “non solo per quanto fatto nell’ambito del suo impegno sociale e religioso, ma anche per aver coltivato l’amore verso questa cittadina laziale, attraverso i suoi discorsi e i suoi messaggi indirizzati agli aderenti del Movimento”.

La stele, opera di Enzo Ciano, cerca di riproporre come ha spiegato lo stesso artista - le dimensioni dell’ideale di Chiara: quella verticale, cioè verso il cielo, e l’altra orizzontale verso gli esseri della terra.

Nella grande piazza alberata hanno parlato il presidente della Provincia, il sindaco, il vescovo, i rappresentanti del Movimento... Spero qualcuna raccolga quanto detto: meglio non si poteva dire, del sogno di Chiara - l'unità -, dell'attualità del suo messaggio, dell'urgenza del dialogo in un mondo impazzito...  

Dopo l’inaugurazione il convegno “Chiara Lubich donna del dialogo”, dove abbiamo parlato Lucia Abignente e io… che ho detto le solite cose! Però fanno sempre effetto! perché sono vere…

Numerosi i partecipanti, sia in piazza che nelle sale collegate con video. Anche il vescovo è rimasto impressionato e l'ha detto.

Assenti invece i giovani per i quali occorrono iniziative e linguaggi diversi. La piazza è circondata da scuole superiori: chissà se questa umile stele dirà loro qualcosa, chissà se li interpellerà...




venerdì 14 marzo 2025

Una mostra a Roma per "Paola Romana"

Sono stato all’inaugurazione della mostra dedicata a Chiara Lubich qui a Roma, proprio nel giorno anniversario della sua morte. 

Chiara venne a Roma la prima volta nel febbraio del 1947, per incontrare p. Leone Veuthey, un francescano conventuale che promuove una “Crociata della Carità. Vi tornò l’anno successivo e ai primi di dicembre vi si trasferì definitivamente: d’allora in poi, Roma sarà la sua città. 

Perché Roma? Forse c’era un inconscio bisogno di aria nuova, di nuove possibilità di espressione e di sviluppo: Trento si stava rivelando un po’ angusta… Ma forse c’era qualcosa di più ancora: Roma è la città eterna, la sede di Pietro, il cuore del mondo cattolico. Tutti i fondatori ne sono stati attratti, da Domenico a Francesco, fino a Madre Teresa di Calcutta. Alcuni si sono contentati di incontrare il Papa, di fare approvare la loro opera, di fondarvi una loro comunità. Molti vi sono rimasti tutta la vita, come Cristina di Svezia, Ignazio di Loyola, Giuseppe Calasanzio, la Piccola sorella di Gesù… Così anche per lei.

All’inizio si sente un po’ spaesata. Da dove cominciare in questa grande citta, si domanda, «io che non conosco che poca gente e che per le vie di Roma mi perdo?». Eppure «sembra che il Signore ci voglia aprir tutte le porte per far entrare dovunque un soffio di quella Carità di Gesù di cui il mondo, oggi, ha tanto bisogno. Siamo in piena attività. [...] portate da un’automobile in un salotto in cui era presente la Contessa nipote del Santo Padre Pio XII, la contessa nipote del Papa Pio XI, la contessina figlia, con la nipote di Garibaldi, Gemma Garibaldi, ed una serie di Marchesi e Conti e uno scienziato, filosofo ecc. ecc. [...] Accanto a tutto ciò lavoriamo minutamente con le anime semplici, umili [...] Il nostro amore per loro, effettivo ed affettivo, la nostra santità nell’amore, la nostra unità di mente, di cuore, di volontà saranno l’unico mezzo per far cadere un gran numero di Romani nella rete della carità di Cristo!».

Ed ecco il suo sogno: «Roma non è come altre città. […] Se accanto alle bellissime chiese, ai monumenti gloriosi, ai palazzi, agli alberghi, i pellegrini trovassero sparsi qua e là come fiamme, i veri cristiani, distinti dagli altri soltanto perché si amano ed amano, cuori aperti come quello di Gesù, […] se ognuno vivrà questo fuoco incendierà a sua volta molti e molti altri. […] Quando è Dio che lavora (e lavora se Lo lasciamo lavorare) opera miracoli».

Era proprio opportuna, in questo Giubileo che vede tanti pellegrini venire a Roma, una mostra di Chiara a Roma. Si sentiva romana… Quando le fu impedito di parlare in pubblico cominciò a firmare i suoi articoli con lo pseudonimo “Paola Romana”.

 

giovedì 13 marzo 2025

La croce al centro della missione

“Chiunque non abbia sperimentato nella propria vita cosa significhi essere stati amati da Cristo e di essere costati il prezzo del suo sangue, non potrà mai cogliere perfettamente tutto il contenuto della vocazione oblata”. Ho introdotto con queste parole del nostro grande p. Fernand Jetté il ritiro alla comunità oblata di Marino. A differenza delle altre volte, questo mese non sono andato io da loro, ma sono venuti loro da me.

Stessa foto di ieri… sono cambiati i protagonisti! E ancora davanti alla statua che custodisce il cuore di sant’Eugenio, perché abbiamo meditato sul suo essere “appassionato di Gesù Cristo”. Abbiamo ricordato le sue parole riferite alla nostra missione: «Annunciare, come l’Apostolo, “Gesù Cristo, e Gesù Cristo crocifisso… non col prestigio della parola ma con la manifestazione dello spirito”, mostrando cioè che abbiamo meditato nel nostro cuore le parole che annunciamo e che abbiamo cominciato a metterle in pratica prima di accingerci ad insegnare».

Come ci insegna la nostra Regola: «La croce di Gesù è al centro della nostra missione. (…) Attraverso lo sguardo del Salvatore crocifisso vediamo il mondo riscattato dal suo sangue, nel desiderio che gli uomini, nei quali continua la sua passione, conoscano anche la potenza della sua risurrezione».

È il nostro programma di vita!

mercoledì 12 marzo 2025

La passione per la ricerca e lo studio

Lo scorso novembre papa Francesco ha scritto una lettera sullo studio della storia. Alla fine, citando un suo discorso tenuto a Bologna, scrive: «ricordo che stiamo parlando di studio, non di chiacchere, di letture superficiali, di “taglia e incolla” di riassunti di Internet. Oggi molti ci “spingono a perseguire il successo a basso costo, screditando il sacrificio, inculcando l’idea che lo studio non serve se non dà subito qualcosa di concreto. No, lo studio serve a porsi domande, a non farsi anestetizzare dalla banalità, a cercare senso nella vita”».

Mi pare che queste parole siano state prese sul serio dal piccolo gruppo di studenti del Claretianum che oggi sono venuti a casa nostra per un loro seminario di studio sui compagni dei fondatori e la loro importanza nella nascita delle comunità delle origini.

È stato bello guidarli tra i documenti del nostro archivio, che non sono pezzi da museo, ma ispiratori di vita sempre nuova. 

Come la famosa lettera che scrive sant’Eugenio a quello che poi diverrà il suo primo compagno: “Mio caro amico, leggete questa lettera ai piedi della croce, disposto ad ascoltare soltanto che Dio e quanto Dio le anime esigono da un sacerdote come voi... in questa Società vivremo felici perché avremo un cuore solo e un’anima sola… si tratta di scegliere uomini che vogliano e osino camminare dietro agli Apostoli”. E lui che gli risponde: “Condivido appieno le vostre idee e, ben lungi dall’aspettare altre richieste per entrare in questa santa opera così consona alle mie aspirazioni, vi assicuro che, se l’avessi saputo prima, sarei stato io a pregarvi di accogliermi. Grazie dunque di avermi stimato degno di lavorare alla gloria di Dio e al bene delle anime”.

Così nascono le opere di Dio…

martedì 11 marzo 2025

Gabri Fallacara: Il coraggio di rischiare

 

Inizia con un “pianissimo”, come in uno spartito musicale. Non sai ancora quali temi sta per riservarci e già pone in attesa, accende il desiderio e promette una sinfonia ricca di melodie. Durante l’ascolto – in questo caso la lettura –, come in un brano musicale, avremo l’impressione costante, lungo tutto il libro, di sentire la voce narrante.

Il genere autobiografico affascina perché racconta una vicenda dal di dentro, come nessun altro, se non il protagonista, potrebbe fare. La biografia procede diversamente: segue le tappe del vissuto con la massima oggettività, con uno sguardo esterno. L’autobiografia sceglie, elimina, rilegge la trama della vita, la rielabora in maniera creativa, ne coglie il senso. Non è cronaca, è una rilettura – a distanza di tempo – del proprio percorso, della propria esperienza. (…) Più che la propria storia, Gabriella Fallacara sembra narrare la storia di altri, nella quale è coinvolta non come spettatrice passiva, ma come amica e compagna di un viaggio che, da familiare, si fa culturale, politico, ecclesiale, sociale, e da Firenze si allarga a tutta l’Italia, a tutta l’Europa.

È la storia dell’Italia coinvolta nella Seconda guerra mondiale e della ricostruzione difficile e piena di speranza del dopoguerra, attraverso gli occhi di una bambina, di un’adolescente, di una giovane in attesa… In questo modo si possono sentire veramente la paura, la fame, la pietà… È la storia del Movimento ecumenico, fatta di persone più che di idee. E quanti nomi vediamo scorrere lungo questo libro: nomi che lentamente acquistano un volto distinto, che impariamo a conoscere e ad amare. Una storia fatta di luoghi, di incontri, di attese, di conquiste, forse di illusioni.

(…) è la storia vista con gli occhi di Gabriella Fallacara e dunque personalissima e non per questo meno vera. Anzi, gli eventi noti si colorano di nuova luce e insieme veniamo a conoscenza di ulteriori particolari inediti, che arricchiscono la narrazione, la rendono viva, appassionante, colta nel suo momento sorgivo, quasi in presa diretta, grazie anche alla memoria vivissima dell’autrice e delle numerose note appuntate negli anni e preziosamente custodite.

Il racconto fa rivivere il fiorire dei primi focolari in Italia e in Europa. Vediamo la stessa Fallacara a Parma, Sassari, Grottaferrata, Bruxelles, Siracusa, oltre Firenze, naturalmente, e numerosi luoghi di Roma, con una disponibilità e libertà di movimento che denotano una fede grande nell’Ideale che animava quel primo gruppo. Assistiamo al crescere delle Mariapoli, al diffondersi del Movimento, alla nascita delle opere editoriali, della cittadella di Loppiano, del Centro per l’ecumenismo. Soprattutto, prima delle opere, emerge il valore delle persone. I protagonisti di questa storia sono sorprendentemente numerosi, uomini e donne con i quali, tra l’altro, la scrittrice ha avuto un rapporto personale. Ogni persona si staglia con la sua inconfondibile personalità, in un intreccio costante di legami che mostrano, tra l’altro, la tipicità “collettiva” del carisma che tutti li lega. (…)

Alcuni profili, a cominciare dai patriarchi Atenagora e Bartolomeo, si stagliano con tratti marcati, frutto di una lunga frequentazione; in particolare con Bartolomeo da quando egli studiava al Pontificio istituto orientale a Roma. Tra tutti, accanto al rilievo dato a Pasquale Foresi, si stagliano le figure di Chiara Lubich e Igino Giordani. (…)

Chiara Lubich è la persona forse più presente lungo tutto il libro. Anche di lei scopriamo mille particolari che la rendono viva e umanissima. Gabri (possiamo ormai chiamarla così, familiarmente, come fanno tutti nel Movimento dei Focolari?) l’ha incontrata quando era ancora una ragazzina, a un pranzo in un ristorante di Firenze. (…)

Una storia “personale speciale”, quella narrata da Gabriella Fallacara, che si innesta nel percorso nativo del Movimento dei Focolari, e domanda di essere continuata, senza niente di nostalgico, con una fiduciosa apertura al futuro, come già lei stessa scriveva nel 1976: «Il carisma è stato dato a una persona che è stata lavorata per tanto tempo appositamente e questa persona lo ha comunicato a tanti, e lo comunicherà a tanti. Quindi ci sarà una continuazione di questo dono, in questo senso: ci sarà una comunicazione e ci sarà una partecipazione».

Parte della presentazione che Gabri mi ha chiesto di scrivere per il suo libro: "Il coraggio di rischiare".

lunedì 10 marzo 2025

Gli amici musulmani cofondatori

Era da tempo che non radunavo il gruppo di amici che studiano i rispettivi fondatori. Oggi ci siamo incontrati alle Tre Fontane dalle Piccole Sorelle di Gesù, anche se non tutti hanno potuto partecipare. Una condivisione fruttuosa di quanto si opera nelle diverse famiglie religiose nel lavoro di ricerca e di studio sui rispettivi carismi. Ormai è un gruppo affiatato…

Stando nella casa dove la Piccola Sorella Magdeleine ha vissuto per tanti anni e dove è morta, abbiamo parlato naturalmente anche di lei. Una cosa in particolare mi ha colpito.

All'inizio del gennaio 1941, si era trasferita a Touggourt, in Algeria. Dieci anni più tardi, il 12 dicembre 1951, scriveva alle Piccole Sorelle: “Tra me e le persone nomadi con le quali ho vissuto, c'è stato un amore così grande che non potrò mai più ritrovare, perché sono stati i primi, e io ho vissuto per un certo tempo completamente sola con loro, fidandomi completamente di loro. La gente diceva che ero pazza... che un giorno mi avrebbero fatto del male... Ma ero così sicura di loro che è stata proprio questa fiducia a salvarmi. E nei cinque anni in cui sono stata così vicina a loro, non sono mai stata delusa...Ve ne parlo diffusamente perché voglio che crediate che può esistere una vera amicizia, un affetto profondo tra persone che non sono della stessa religione, razza o provenienza”.

I nomadi la stimavano, la amavano al punto di andare oltre le differenze di religione. Dicevano: “La suora andrà in cielo come noi, anche se non dice la shahada (la professione di fede musulmana), perché ci ama tanto, ci dà il grano, l'orzo, il lavoro, è diventata araba come noi”. Una sua grande amica, Khadidjia Bouchikhi, diceva alle Piccole Sorelle: “Non è solo la vostra madre, è la madre di tutti noi…; ci portava la nostra parte di grano, datteri e lana per i più piccoli”.

Ed ecco cosa mi ha colpito: stava scrivendo le Costituzioni pensando che le suore avrebbero vissuto tutta la loro vita con i nomadi del deserto. Dovevano essere dunque delle norme adatte a stare in quell’ambiente, con quella gente. Per questo a mano a mano che le scriveva le leggeva ad Athman, un muratore musulmano convinto e preparato, con quale lei lavorava, e non esitava a chiedergli consigli. Le verificava anche con altri, al punto che non soltanto li chiamava i suoi “primi amici”, ma addirittura “cofondatori”!