Raccontare i miei incontri personali con Giovanni Paolo II? Più difficile di quanto non pensassi! Non ricordo più neppure quanti ce ne siano stati, perché considero tali anche quelli assieme a tante altre migliaia di persone. Era un incontro personale con lui anche quando mi trovavo in mezzo alle folle oceaniche di piazza san Pietro, o quando passava le sere d’estate nel cortile del Centro Mariapoli a Castel Gandolfo, con poche centinaia di giovani di Albano, che anch’io accompagnavo, per far festa con loro. Davanti al Papa non mi sono mai sentito perso in una moltitudine anonima, ma sempre presente innanzi a lui e da lui personalmente amato.
Già giovane sacerdote ho ricevuto più volte il dono di poter concelebrare con lui nella cappella privata, sia in Vaticano sia a Castel Gandolfo. Entravo circa trenta minuti prima dell’inizio della S. Messa ed egli era già lì, in ginocchio, testimonianza rimasta indelebile nei miei occhi e sempre presente nel cuore. Guardandolo ho potuto imparare come si prega. Immobile, assorto, totalmente immerso in un altro mondo, dopo la celebrazione era subito pronto a tornare nel nostro mondo, per scherzare, cantare, abbracciare…
Ricordo quando gli donai il mio primo libro. Sicuramente non l’avrà neppure aperto, ma seppe farmi felice lo stesso, manifestando la sua sorpresa meraviglia. In verità più dei libri era contento quando gli portavo un gruppo di giovani o di religiose, o i miei sette diaconi.
Nel 1992 e 1998 sono stato da lui insieme agli Oblati partecipanti al Capitolo generale. Due momenti di grande emozione spirituale, nei quali ci lanciò con forza a vivere la nostra vocazione missionaria in tutta la sua interezza. Quando tornai, durante il terzo Capitolo, il 24 settembre 2004, era già diverso. Non era più il Papa dal grande insegnamento magisteriale, capace di spalancare il cuore e la mente sulle grandi dimensioni ecclesiali e universali che egli aveva attraversato con coraggio. Era condotto in carrozzella, quasi impossibilitato a parlare. Iniziò appena il suo discorso e lasciò che altri ne continuassero la lettura. Eppure comunicava ancora, eccome!, con uno sguardo intenso che suppliva la mancanza di parola. Era debole, ma sentii stringermi forte la mano.
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