Quando si fa un viaggio, uno dei momenti più simpatici è quando ci si ferma per il pranzo a sacco. Il massimo è se c’è un piccola tovaglia da distendere sul prato e se ci si siede per terra in compagnia. Si tirano fuori i cibi più semplici, ma hanno un sapore tutto particolare. E poi, molto più prosaicamente, se non si mangia le forze vengono meno e non si va più avanti.
Anche per l’altro “viaggio” occorre fermarsi a mangiare. Gesù imbandisce la mensa e offre il pane della vita, il pane che dà forza. Come la traversata nel deserto del popolo d’Israele fu sostenuta dalla manna, anche la nostra traversata della vita ha bisogno di un pane che scende dal cielo.
Ultima parola del nostro viaggio potrebbe essere proprio: “viatico”. È il nome che si dà all’Eucaristia portata a quanti stanno per morire, come estremo sostegno per l’ultimo passo verso la meta. Ma anche l’Eucaristia di ogni giorno può essere chiamata “viatico”, cibo della via. È quello che chiediamo ogni giorno: “dacci oggi il nostro pane quotidiano”, più buono quando lo si mangia insieme!
«L’Eucaristia – scrive Agostino – è il nostro pane quotidiano... La virtù propria di questo nutrimento è quella di produrre l’unità, affinché, portati a essere il corpo di Cristo, divenuti sue membra, siamo ciò che riceviamo... ma anche le letture che ascoltate ogni giorno in chiesa sono pane quotidiano, e l’ascoltare e recitare inni è pane quotidiano. Questi sono i sostegni necessari al nostro pellegrinaggio terrestre».
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