Per la prima volta stanotte ho presieduto la liturgia nella mia nuova comunità, riunita insieme contenta come mai. Nonostante mi sia ritirato a notte fonda, stamani mi sono svegliato molto presto, nell’ora in cui si svegliarono le donne per andare al sepolcro a imbalsamare il corpo di Gesù. Loro afflitte, non sapendo che sarebbe risorto, io pieno di gioia dopo una festosa veglia di risurrezione.
Il pensiero è subito andato all’invito dell’angelo, ripetuto da Gesù: “Che tornino in Galilea”. Sono le prime parole del Risorto. Da lui ci saremmo aspettati un annuncio più solenne, sul tipo di quello all’inizio del suo ministero, proprio in Galilea: “Convertitevi e credete al Vangelo”. Eppure questo della Pasqua non è dissimile da quello. Non è un invito alla “conversione”, ossia ad un “ritorno”, ad un cominciare di nuovo? Non è un invito a credere al nuovo grande straordinario annuncio – la nuova novella, il vangelo, appunto – che egli è risorto e ancora presente?
Presente? Dove, come? Questa la novità della Pasqua che dobbiamo apprendere di nuovo. Precedentemente, quando per la prima volta partirono insieme con lui dalla Galilea, i discepoli potevano incontrare Gesù a Cafarnao, a Cana, a Tiberiade, a Betania, a Gerusalemme… Dov’è il maestro?, si chiedeva la gente, e le folle si partivano da ogni dove verso un luogo preciso per vederlo, ascoltarlo, toccarlo. Anche le donne, ora che sanno che la sua ultima dimora è la tomba, si muovono presto al mattino per andare a trovarne il corpo.
Ma adesso che la tomba è vuota dove potremo incontrare il Maestro? In questo pomeriggio di Pasqua Claofa e il suo amico lo riconoscono a Emmaus e tornano di corsa a Gerusalemme per annunciarlo ai discepoli. “È apparso anche a Pietro”, rispondo loro. Allora dov’era veramente, si interrogano, a Emmaus o a Gerusalemme? Può essere contemporaneamente lì e qui?
L’ho incontrato nel giardino, riferisce Maria di Magdala; per strada, dicono le altre donne; in casa, continuano i discepoli della prima ora; sul lago, diranno più tardi sette di loro… Può apparire in qualunque più ordinario, in un momento qualsiasi? Il solo posto del quale non si ha notizia che si sia reso presente è proprio là dove ce l’aspetteremmo di più, nel tempio. Al momento della sua morte il velo del tempio si era squarciato, quasi a significare che la gloria di Dio, la sua presenza, non abitava più nel “santo dei santi”, nel cuore segreto e nascosto del tempio, ma si dilatava ormai per le strade e informava i luoghi profani. Il velo squarciato squarciava la separazione tra sacro e profano rendendo tutto santo. La stessa morte di Gesù era avvenuta fuori della mura della città santa, in luogo impuro, per rendere tutto puro e santo.
Posso dunque incontrarlo per strada come le donne e i due di Emmaus, quando meno me lo aspetto, o in giardino come Maria, o in casa come i discepoli, o al lavoro come quelli sul lago. Il mondo si è riempito della presenza del Risorto. Non è più necessario che mi informi su dove si trova il Maestro e intraprendere lunghi viaggi per andare a trovarlo, per vederlo, ascoltarlo, toccarlo. È qui. La sua apparizione sarà un miracolo? Oppure sarà miracolo quando non appare? È qui, presente, vero, ed il prodigio è che egli c’è e non lo si vede!
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