Nella genealogia secondo Matteo fa impressione la ripetizione del verbo
“generò”, scandito per ben 42 volte. “Abramo generò Isacco…” e avanti per tre gruppi
di 14 generazioni: generò, generò, generò… Un verbo carnale, che mostra la bellezza
della continuazione della vita di secolo in secolo: da Abramo a Davide (14 generazioni),
da David a Ieconia (14 generazioni), da Ieconia a Giuseppe (14 generazioni). Un
brano di Vangelo arido? Troppi nomi difficili? Monotonia di quel carnale “generò”?
No, una delle pagine più straordinarie del Nuovo Testamento che ci attesta la vera
umanità del Figlio di Dio. Davvero, passando di generazione in generazione, Gesù
si è calato nella nostra storia così com’è fatta, con le sua fatiche, gli sbagli,
i peccati. La carne di Gesù è impastata della nostra carne, egli è la nostra
carne, è proprio uno di noi, ci conosce profondamente e può capirci.
Vi sono delle donne nella genealogia di Gesù, senza contare l’ultimo nome,
ancora una volta di una donna, Maria. Non è usuale che nelle generazioni si includessero
le donne. Qui sono addirittura quattro: Tamar, Racab, Rut e la moglie di Uria, Betsabea.
Cosa hanno in comune queste donne? Sono delle peccatrici, come rilevava
Girolamo? In questo caso Matteo le avrebbe inserite per mettere in luce il ruolo
di Gesù come Salvatore. Sono delle straniere? Indicherebbero allora l’orizzonte
universalista dell’azione di Gesù, rivolta a tutte le genti. In ognuna di loro c’è
comunque qualcosa fuori dal comune, di irregolare nel modo con cui hanno concepito:
questo a mostrare che Dio porta avanti i suoi piani in maniera non programmabile
e si serve di chi vuole per la sua opera di salvezza? Le quattro donne preparerebbero
il modo del tutto “irregolare” e “provvidenziale” con cui avviene la nascita di
Gesù da Maria.
In ogni caso quella di Gesù non è una genealogia “pulita”, vi sono adulteri,
prostituzioni, giochi meschini, sangue straniero… Gesù entra nella nostra umanità
così com’è, con tutte le sue debolezze, davvero uomo come tutti. Non disdegna
di stare con noi, d’essere uno di noi.
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