In questo periodo, anticipando l’Avvento, ho letto i Sermoni del Natale di Leone Magno. Dopo
il sacco di Roma di Alarico, ebbe a che fare con Attila e Genserico, in quel V
secolo che vide l’Occidente in mano ai nuovi popoli. Fu il primo papa a
ricevere il titolo di “Magno” e il primo ad essere sepolto nella basilica di
san Pietro. La sua tomba in basilica oggi è sovrastata dal grande bassorilievo
che lo ritrae mentre ferma Attila. Era rimasto l’unico punto di riferimento per
tutto l’Occidente cristiano e civile. Davvero “Grande”!
Grande anche nel suo pensiero e nei suoi scritti. Leggendo i Sermoni lo
si vede in mezzo alle eresie che negavano l’umanità di Gesù. Ai suoi fedeli di
Roma, a Natale, ogni anno ripete che Gesù è vero Dio e vero uomo: una persona
in due nature, «perciò le proprietà dell’una e dell’altra natura sono rimaste
integre, benché convergano in un’unica persona… Se non fosse vero Dio non porterebbe
la salvezza, se non fosse vero uomo non ci sarebbe di esempio» (XXI,II,2).
Sviluppa il dogma in tutta sua profondità e nello stesso tempo ne mostra le
conseguenze nella vita concrete: «Sarebbe inutile lasciarsi chiamare cristiani
se non fossimo imitatori di Cristo. Ora egli ha detto di essere la via nel
senso che la vita del maestro deve essere il modello dei discepoli» (XXV,V,6).
Nel Natale di Gesù vede il natale della Chiesa e di ogni cristiano: «La generazione di Cristo è l’origine del popolo cristiano: «il natale del capo è anche il natale del corpo… la comunità dei fedeli, nati dal fonte battesimale, sono stati generati insieme con Cristo in questa natività, come insieme con lui sono stati crocifissi nella passione, sono risuscitati nella risurrezione e sono stati collocati alla destra del Padre nell’ascensione» (XXVI,II,2).
È così che ci invita a celebrare il Natale, «mistero della nostra
salvezza… che si rinnova per noi nel ricorrere del ciclo annuale» (XXII,I,1).
Nessun commento:
Posta un commento