Sulle montagne del Natal |
Domani è la festa del beato Giuseppe Gerard. Per arrivare qui in Sud Africa impiegò più di otto mesi! La nave sulla quale si era imbarcato a Toulon, in balia dei venti, andò a finire nella baia di Rio de Janeiro. Una volta tornata verso l’Africa fece scalo all’Isola Mauritius e lì p. Gérard, che non era ancora padre, ma soltanto diacono, dovette aspettare due mesi prima di trovare una nave che andasse a Durban. Era partito il 10 maggio 1853 ed arrivò il 25 gennaio 1854. Aveva lasciato la Francia per sempre. Continuò a scrivere a casa, a raccontare della sua vita missionaria, ma non lo rividero mai più. Così erano una volta i missionari!
Io, da Zurigo a Johannesburg, ho impiegato soltanto 10 ore. Inizia così la mia avventura sudafricana. I questi anni la mia Africa è stata Congo, Camerun, Senegal. Ora eccomi all’estremo sud.
All’aeroporto sono stato sorpreso nel vedere che quasi la totalità dei passeggeri e della gente che gira sono bianchi. Ci sono più neri a Fiumicino che qui. In compenso tutti gli impiegati sono neri. Al controllo bagagli uno di loro mi dà il benvenuto con un gran sorriso e si dice incantato dei miei occhiali da sole, ereditati da Remo: “La prossima volta me ne porti un paio uguali così anch’io sembrerò una persona signorile e importante”.
Padre Warren appena atterrato dal "nostro" aereo |
Attendo tutta la mattinata il volo per Pietermaritzburg. Sono in compagnia di Warren Brown: siamo partiti insieme da Roma ma lui è venuto via Francoforte, io via Zurigo. Troviamo la signora Chantal, rettore dell’università Saint Paul, degli Oblati, a Ottawa.
Partiamo su un bimotore ad elica, piccolo piccolo. Siccome non voliamo tanto alto per un’ora e mezzo mi contemplo uno spettacolo da favola. Prima una pianura senza fine, i campi disegnati con le più fantasiose forme geometriche, tutti rigorosamente marroni, con la terra appena seminata (qui sta iniziando l’inverno). Poi, tra i terreni coltivati, cominciano ad innalzarsi tozze colline aride. Infine una zona che dall’alto sembra desertica, con le colline completamente brulle, da terra bruciata, che si aggrinziscono gradatamente, lasciando che la vegetazione cresce nelle gole riparate dal sole. A mano a mano che ci avviciniamo al mare le colline si ingentiliscono, diventano sempre più verdi, si ammantano di boschi… Ma dove sono capitato? Una natura così forte e gentile…
A Pietermaritzburg, che dall’alto si vede tutta distesa sulle colline, atterriamo in un minuscolo aeroporto, con una sala per le partenze e una per gli arrivi.
Pietermaritzburg era la sede del vescovo oblato Allard. Il vicariato apostolico non aveva allora confini certi, ma abbracciava tutto il Natal. Era arrivato con i primi Oblati nel 1852, mandato da sant’Eugenio. P. Gerard lo raggiunse poco dopo. Iniziò a imparare la lingua, di cui si impadronì subito, e a cercare di penetrare nel difficile mondo degli zulu, un popolo fiero, orgoglioso delle proprie tradizioni, per niente disposto la lasciare i propri usi per abbracciare la fede cristiana. Ci voleva tutta la pazienza e l’invincibile costanza di p. Gerard, attraversando anni e anni senza vedere nessun frutto. Ma la sua linea missionaria era ben chiara e non poteva non portare al successo: "Al di là di tutti i metodi il segreto per toccare e trasformare i cuori è l’Amore. Occorre amare, amare nonostante tutto e sempre."
All’aeroporto ci attende p. Silvester che ci porta alla destinazione finale, Cedara, a pochi chilometri da Pietermaritzburg. Sono passate 24 ore da quando ho lasciato via Aurelia a Roma per arrivare qua… molto meno del tempo di quanto impiegò padre Gerard.
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