Lunedì, come da programma, forum della rivista “Unità e Carismi” sul tema “Santi sì, ma come?”. Numerosa l’affluenza, quasi un centinaio di persone, ma soprattutto vivace il dibattito.
Mi ha colpito, nella ricostruzione di come si svolge il processo per appurare la santità di una persona, il richiamo alle “virtù particolari”. Tutte le interrogazioni dei testimoni sono centrate sul modo con cui sono state vissute le virtù teologali e cardinali, poi si lascia un piccolo “sfogo” sulle “virtù particolari” della persona in causa.
Mi sembra tutto il contrario di come si dovrebbe fare. Prima occorrerebbe far emergere quale è stato il progetto di Dio su quella persona e come essa vi ha risposto e l’ha adempiuto. Così emerge lo specifico della persona, ciò che la caratterizza, qual è il messaggio proprio che è chiamata a portare nel mondo, la sua tipica missione, la sua spiritualità, la parola evangelica incarnata. Dovrebbe venire il rilievo la peculiarità di ognuno.
Soltanto in un secondo momento andrà verificato se tutti gli aspetti della vita sono in armonia con quel disegno e se tutti le virtù lo arricchiscono e gli danno consistenza.
Che bello sapere che ognuno di noi è unico, che su di ognuno di noi c’è un progetto di Dio, che ognuno di noi ha una missione irrepetibile. Santità vuol dire diventare ciò che siamo chiamati ad essere, raggiungere un legame con Dio a tu per tu, in maniera personalissima, costruire un’unità tra di noi ricca dell’apporto insostituibile di ognuno, porsi a servizio degli altri con una dedizione senza risparmio. In una parola, lasciare che Gesù viva in noi, si rivesta della nostra personalità e operi e viva come lui solo sa operare e vivere. Ognuno un capolavoro!
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