martedì 8 marzo 2011

La coralità del carisma di Chiara Lubich


Oggi, volando, ho letto un piccolissimo straordinario libro, un gioiellino: Chiara mia sorella. Appaiono due profili sinceri e schietti, soprattutto quello di Gino Lubich. Lo ricordo soprattutto per la semplicità e “umiltà” con la quale mi accolse una volta che andai a trovarlo a casa, per preparare insieme la biografia di sant’Eugenio de Mazenod.
A causa della mia deformazione professionale mi piace riportare quello che dice della “spiritualità collettiva” come di una dimensione fondamentale dell’esperienza di Chiara e del suo movimento:
La differenza rispetto ad altri [fondatori] sta forse nella coralità. Cioè, se si dovesse scrivere la storia del movimento, mi pare che dovrebbe venire in evidenza la comunità. Ecco perché tante volte a me dava un po’ fastidio che si accennasse sempre ad una sola persona: mi pareva eccessivo, toglieva valore ad una storia che è stata comunitaria fin dall’inizio e non fatta solo da seguaci che fanno corona ad uno soltanto…
Io vedo il movimento come qualcosa di unito, di solido, in cui tutti hanno un loro ruolo importante, a parte quello di chi ha avuto l’ispirazione, tutti sono assolutamente necessari per capire il fenomeno. Togliere Chiara come il più sconosciuto dei focolarini nelle Filippine è inferirgli una ferita difficile da cicatrizzare. Forse non siamo ancora in grado di valutare questa realtà comunitaria, ma questa è la differenza secondo me tra l’Ideale dell’unità e tutti gli altri carismi. (p. 36-37)

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