mercoledì 30 marzo 2011

Cammino verso la Pasqua: Passo dopo passo

Allora, abbiamo ricominciato. Ma il cammino è lungo e non si può fare tutto di corsa. Bisogna mantenere il passo, a ritmo costante, giorno per giorno. Gesù ci insegna a chiedere il cibo solo per l’oggi: «Dacci oggi il nostro pane quotidiano» (Mt 6, 11). Domani chiederemo il cibo per domani: «Non affannatevi dunque per il domani, perché il domani avrà già le sue inquietudini. A ciascun giorno basta la sua pena» (Mt 6, 34).
Come non ricordare Giovanni XXIII che normava la propria vita - e per questo fu semplice e affascinante - su un presente fatto di gesti usuali ma compiuti con solennità e interezza: «Io devo fare ciascuna cosa, recitare ogni orazione, seguire quella regola, come se non ci avessi altro da fare, come se il Signore mi avesse messo al mondo solo per fare quella azione».

Anche per questa tecnica del passo dopo passo ho un ricordo di qualche anno fa, in vacanza all’isola d’Elba.
Monte Capanne
La mattina mi piaceva partire da Marciana, sul mare, e salire fin sulla cima del Monte Capanne, poco oltre i 1000 metri. Il silenzio esaltava gli impercettibili rumori del bosco. Contemplando la natura potevo meditare. Unica distrazione (ma è poi tale?) il rufolare del cinghiale, o lo scatto veloce del capriolo. Sulla cima mi fermavo e l’orizzonte si apriva all’infinito, fino a Pianosa e Capraia. Respiravo l’aria dei sassi e delle ginestre. Da lassù ridiscendevo al mare, dall’altra parte dell’isola.
Un giorno decido di lasciare il solito sentiero. Vado già dritto, tra massi e crepacci, la zona più impervia del monte. Me la voglio gustare tutta la natura. Soltanto i cinghiali si avventurano tra questi anfratti. Procedo lento, guardando bene a dove metto i piedi. Fino a quando mi trovo in una zona cosparsa di massi molto più alti di me caduti dalla cime del monte. Dall’alto non si vedevano perché avvolti dalla vegetazione. Il fondo è irto di spuntoni di alberelli bruciati in un incendio forse un paio d’anni addietro. Mi muovo a fatica, anzi è così intricato che quasi non riesco più a muovermi.
Il sole del primo pomeriggio, picchia forte. Ho lo zaino vuoto. Ho finito anche l’acqua. Mi sto disidratando. Vedo il mare davanti a me. Mi pare così vicino da toccarlo con un dito, e rimane infinitamente lontano. Le forze mi vengono meno. Devo venirne fuori in qualche modo. Emergo dall’intrico e mi siedo su una roccia. Guardo attorno con calma. Vedo, sulla sinistra, una zona con vegetazione più verde: è segno che lì scorre un torrente. Mi basta arrivare lì, avrò l’acqua e poi mi sarà facile seguire il torrente. Ma ce la farò ad arrivare lì? Mi pare impossibile.
Mi invento una tecnica di sopravvivenza. Fino al torrente non ci arriverò mai, ma dieci passi in quella direzione riuscirò pure a farli. A fatica avanzo tra sassi e rami appuntiti come lance: uno, due, tre… Ho fatto dieci passi! Allora, forse, posso farne altri dieci. E poi altri dieci… Sono al ruscello. Sono salvo!
È una tecnica che va benissimo anche per l’altro tipo di sopravivenza. Superare certe prove? Impossibile. Soddisfare a tutti gli impegni? Impossibile? La santità? Impossibile… Ma forse un passo… Basta che sia nella direzione giusta.

Faccio mia la preghiera di Teresa di Gesù Bambino
La mia vita non è che un istante, un’ora passeggera,
la mia vita è un giorno che fugge,
tu lo sai, o mio Dio!
Per amarti sulla terra non ho che quest’oggi.
T’amo, Gesù, e verso te la mia anima si protende,
mio dolce appoggio per questo mio unico giorno.

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