Non ero mai sceso su Marsiglia in aereo. L’arrivo della città è annunciato dal massiccio calcareo de Les Calanques, severo, asciutto, frastagliato, che scende al pare con gale e calanchi. Subito ti si spalanca il porto vecchio con il castello d’If e si intravede il santuario della Madonna della Guardia, la cattedrale. Un sole timido l’illumina e nubi tenui la ovattano. Mai Sant’Eugenio ha potuto dare un abbraccio così ampio alla sua città. Attraversata Marsiglia l’aero plana sull’aeroporto di Marignane. Già, Marignane! Chissà come sarà stata duecento anni fa, nel novembre 1816, quando sant’Eugenio vi predicava una delle sue prime missioni? Oggi ha 34.000 abitanti; allora ne aveva 1.600. Era la quarta missione della piccolissima comunità dei Missionari di Provenza. Sant’Eugenio tenne un accurato diario per tutto il mese, dandoci così modo di entrare nel vivo della missione. Cominciavano con la visita alle famiglie, una autentica novità, allora; visite «davvero non divertenti, ma sono importanti, perché avvicinano i missionari al popolo che vengono ad evangelizzare. Si mostrano ad esso in tutta l’affabilità di una carità che si fa tutto a tutti... Occorre avere cura di entrare in tutte le case, anche in quelle dove si prevede che si sarà accolti male».
Vedo stagliarsi all’orizzonte occidentale dell’aeroporto il costone di rocce bianche e attorno la pianura con i pini di mare contorti come olivi. Il breve viaggio verso Aix-en-Provence mi immerge nella natura ancora campestre di questa Provenza antica.
Torno ad Aix dopo una quindicina di anni e mi ritrovo subito a casa. La prima visita alla chiesa della missione. Mi basta entrare per avvertire la presenza di sant’Eugenio e lì, accanto a lui, quella di Francesco Saverio Tempier. Sì, sono proprio qui!
Prima della costruzione della chiesa in questo luogo vi era un mulino e un grande pino sotto il quale i protestanti predicavano e pregavano. Durante la prima guerra di religione nel 1545, il pino servì per impiccare i protestanti. Una ventina d’anni dopo il re, di passaggio, lo fece tagliare, come segno di riconciliazione. Poi sorse la chiesa, ad opera della Carmelitane, che costruirono anche il convento. Quando la rivoluzione mandò a casa le religiose, la chiesa divenne tempio della Dea Ragione! Quante storie di bontà e di malvagità in questo luogo… Ora è la “Chiesa della Missione” o la “Chiesa degli Oblati”.
Nella nicchia di destra, accanto all’altare, scorgo con sorpresa l’antica statua della Madonna delle grazie, portata ad Aix da san Bonaventura; la statua davanti alla quale i giovani di sant’Eugenio chiesero per lui la guarigione e l’ottennero! L’hanno portata qui perché la chiesa della Maddalena, dove si trovava da sempre, adesso è in restauro. Speriamo che la dimentichino qui, nella nostra chiesa oblata.
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