sabato 5 novembre 2022

La ghianda e la quercia

Leggendo il Vangelo di questa domenica mi è venuta in mente la ghianda da poco germogliata sull’albero davanti alla mia finestra. Se la metti sotto terra, a primavera non spunta una ghianda, ma un fusticino che presto diverrà quercia, così diversa dalla ghianda, eppure da essa germinata. Così il nostro corpo che, con la morte, seminiamo nella terra. Rimane lì per un lungo inverno e quando alla fine dei tempi risorgerà sarà tanto diverso da come lo abbiamo seminato, anche se sarà sempre lo stesso.

Se a una ghianda fosse possibile vedere il suo frutto rimarrebbe sorpresa, incantata davanti alla maestosità della quercia, ne gioirebbe orgogliosa. Così noi se ci vedessimo risorti, in paradiso. Là non ci si sposerà né ci si mariterà perché lo scopo del matrimonio è già raggiunto e posseduto nella sua realtà più profonda. Saremo nell’amore, senza bisogno dei mezzi per raggiungerlo e sarà la pienezza dell’amore, come mai sarà possibile quaggiù. Avremo la vita in abbondanza nella sua definitiva pienezza, senza bisogno della generazione che la continui nel tempo. Saremo intimi gli uni gli altri nella piena trasparenza e ognuno intingerà il proprio essere parola di Dio, il suo vero sé, nella parola dell’altro, fino a farla propria, fino a diventare l’altro e l’altro farà lo stesso nella reciprocità del dono e dell’accoglienza. Saremo come gli angeli del cielo, compenetrati di luce, della luce di Dio, suoi figli e figlie nel Figlio, uniti attorno al Padre, avvolti dall’abbraccio dello Spirito, fatti nuova vera famiglia.

La nostra, in paradiso, non sarà una vita che continua, sarà risurrezione! Non quella di Lazzaro, della figlia di Giairo, del figlio della donna di Nain, che poi hanno visto di nuovo la morte, ma la risurrezione di Gesù, per una vita nuova e senza fine: la vita del Dio della vita. Il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe, il Dio dei nostri padri, sarà il nostro Dio, la nostra vita, come mai lo è stata sulla terra.

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