venerdì 25 novembre 2022

Tra voi la carità... / 4


Al termine del libro Mssionari di tutti i climi (1947), p. Gaetano Liuzzo commenta il testamento di Sant’Eugenio. Ci fermiamo alla prima parte, riguardante la carità. Tutto il testo seguente è la trascrizione del suo scritto:

La carità è il volto specifico delle nostre comunità re­ligiose — nelle terre cattoliche, come in quelle missio­narie — che colpisce quanti vi entrano per la prima volta e con una certa intimità.

Per la Regola la carità è il dolce vincolo dell’Istituto — «vinculum Societatis» (art. 652) — è catena d’oro che deve fortemente e deliziosamente avvincere tutti i con­fratelli pur nelle immancabili diversità di nature e di ca­ratteri — «arctissimis charitatìs vinculis connexi» (art. 291) — e che deve fare di tutti una sola famiglia, «sicut fratres habitantes in unum» (art. 1).

Si vuole anzi la finezza della carità che sa presen­tire e prevenire — «honore invicem praevenientes» (art. 716) — senza sforzo, ma con gioia serena e costruttiva: «cum gaudio charitatem habentes» (art. 714).

Carità intima e profonda, dunque, ricca di sfumature delicate, e protesa ognora a creare e conservare l’armonia delle intelligenze, la fusione dei cuori, l’unione delle vo­lontà e, più ancora, a far di tutti «un sol cuore ed un’anima sola», «cor unum et anima una», secondo l’espres­sione prediletta del Fondatore: ecco l’ideale che ogni Oblato degno di tal nome deve incessantemente tendere a realizzare e ad incarnare nella propria anima.

Carità tutta ammantata della cara atmosfera di fami­glia, ma sempre aliena da ogni forma di vano sensibilismo e di malintesa familiarità, perché sempre soffusa di quel sacro, vicendevole rispetto che è nobile ed amabile riverenza: la riverenza dovuta ai Vessilliferi dell’A­more e della Redenzione: «Mutuam in semetipsos dilectianem et reverentiam habebunt» (art. 716).

E come ovvia conseguenza di tutto ciò, ecco la mutua amorevole correzione fraterna (art. 271 e 703), le paterne preoccupazioni dei Superiori anche per la salute stessa dei sudditi (art. 46), e le delicate attenzioni per i malati (art. 349-51 e 353-54) fra cui la formale proibizione di rinviare a casa, per soli motivi di infermità, un qual­siasi Oblato Professo: la Congregazione è Madre e, come tale, conserva e cura amorevolmente tutti i suoi figli (art. 788).

Un altro corollario non meno bello, ma sorprendente, è la straordinaria abbondanza di suffragi per i confra­telli defunti (…) (art. 363).

La carità quindi, virtù divina e attraente — amato ri­flesso della santa passione filiale. per Cristo e per Maria — è sintesi dello spirito oblato. Ed è splendida arma di santità e di conquista missionaria.

«Posso dire in verità — scriveva Mons. Semeria dal Ceylon al Fondatore — che noi tutti qui siamo un sol cuore e un’anima sola; vedo con gioia tutti i Padri met­ter perfettamente in pratica il meraviglioso articolo della Regola in cui, come Lei stesso ci diceva, c’è in sintesi lo spirito della nostra Congregazione. I missionari secolari di qui ammirano la nostra unione. I cristiani hanno rile­vato con meraviglia i nostri vicendevoli rapporti intimi e fraterni. Quando ricevemmo con tanti segni di affetto i due Padri giunti poco tempo addietro, essi ci chiesero se li avessimo conosciuti prima: lo stupore fu al colmo quando seppero che li vedevamo per la prima volta... I pagani poi sono semplicemente fuori di sé... Io ricordo spesso ai Padri che questa santa fusione di cuori è una garanzia del gran bene che faranno alle anime. Pervasi dallo stesso spirito e mirando allo stesso scopo, presto o tardi riusciranno a trasformare i nostri cristiani; immagini di Dio che è carità, porteranno i pa­gani — timidi adoratori di divinità perfide ed egoiste — a conoscerlo e ad amarlo».

E quarant’anni dopo, un venerando Vescovo Gesuita, Mons. La Vigne, diceva a Mons. Joulain, Vescovo Oblato di Giaffna: «Ho ammirato molto tutte le vostre opere ma una cosa mi ha colpito più di ogni altra: la carità che regna tra i vostri missionari. Vedendoli, si sarebbe tentati di credere che son tutti figli di uno stesso padre e di una stessa madre».

Constatazione consolante che è l’eco fedele di quanto, parecchi decenni prima, scriveva il Venerato Fondatore: «Noi abbiamo un sol cuore e un’anima soia: questa è stata sempre la nastra divisa...; regna tra noi una per­fetta armonia: si direbbe che abbiamo fatto voto di amarci».

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