sabato 18 aprile 2020

Le parole del Risorto / 3



Dopo l’incontro con le donne, Matteo prosegue il suo racconto spostando l’azione in Galilea, per il secondo e ultimo incontro del Risorto, questa volta con gli Undici.
Le donne avevano loro riferito l’invito di Gesù ad andare in Galilea, dove li aspettava e dove lo avrebbero visto (28, 10). Così, terminate le festività della Pasqua, essi erano tornati nella loro terra. Nessun accenno da parte dell’evangelista ad incontri con il Risorto a Gerusalemme.

Perché Gesù attende i suoi in Galilea, su un monte che aveva loro fissato? (28, 16).
Forse perché occorre sempre ripartire dalle origini. Prima di spandersi nel mondo l’albero della Chiesa deve tornare a fissare le radici. In Galilea i discepoli hanno imparato a seguirlo. Ora devono tornare lì per un nuovo inizio, per imparare a seguirlo in un modo diverso. Con la risurrezione niente è più come prima, non possono più seguire Gesù lungo le strade della Galilea e della Giudea come avevano fatto fino ad allora. Egli ha superato le barriere del tempo e dello spazio... Vive in una dimensione diversa, quella dello Spirito, e lo si seguirà nello Spirito.

Dà ai tuoi discepoli, e a noi, appuntamento in Galilea perché quella prima irrepetibile esperienza di cammino dietro a lui, che da lì ebbe inizio, rimane paradigmatica per i secoli, per ogni generazione. Sempre dovremo leggere e ascoltare le prime parole pronunciate in Galilea: “Vieni e seguimi”. Sempre abbiamo da lasciare reti, barca, padre e deciderci per lui. Sempre dobbiamo riprendere il cammino verso Gerusalemme per imparare, nell’ascolto attenti di ogni sua parola e con lo sguardo ad ogni sua azione, ad amare e a donare.

Mentre sono sul monte – il monte della trasfigurazione? Non era quell’evento l’annuncio della risurrezione? – Gesù si avvicina. L’angelo alle donne aveva detto di annunciare ai discepoli che il Signore i avrebbe “preceduti”: un altro verbo di movimento, simile a quello che lo fece andare incontro alle donne. Gesù ci precede sempre. Ovunque andiamo è già lì che ci attende. L’ignoto non c’è più, c’è una presenza.
È l’azione tipica del Risorto: “si avvicinò” (28, 19), si rende vicino! Lo è come quando camminava con i discepoli lungo le vie della Galilea. Lo è di più ora di allora. E consegna loro le ultime sue tre parole.

“Mi è stata data tutta l’autorità (exousia) in cielo e in terra” (28, 18).
Tutta! Per quattro volte, nelle parole del Risorto rivolte ai discepoli, torna il termine “tutto”: tutta l’autorità, tutte le genti, tutto ciò che Gesù ha insegnato, la sua presenza per tutti i giorni. È come se la pienezza pasquale ormai strabordasse in una totalità che tutto avvolge.
Prima di affidare ai discepoli una missione che sembra impossibile, il Signore li assicura: andranno perché egli li rende partecipi della sua forza e della sua potenza. Egli ormai è entrato nella gloria, è il Signore della storia, l’onnipotente, il suo amore può tutto.
Gli Undici sono consapevoli della loro fragilità, inadeguatezza, sperimentata nel rinnegamento, nel tradito, nell’abbandonato del Maestro. Ma adesso Egli si fa nuovamente presente, li ha convocati dal Risorto per offrire loro l’opportunità di ricominciare, non come se nulla fosse accaduto, ma proprio perché tutto è accaduto.
Nessuna presunzione nelle proprie capacità, ma solo la fiducia nella forza del Signore che sostiene ogni debolezza. In Lui adesso tutto è possibile, anche accogliere e obbedire alla seconda parola:

“Andate dunque e fate miei discepoli tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato” (28, 19-20).
Fare discepoli! Come Gesù aveva fatto con loro. Dovranno ripetere le parole udite dal Maestro, insegnando così a vivere le sue parole. Non è tanto una dottrina da insegnare, quanto una vita da trasmettere, introducendo in un rapporto personale con Gesù, fino a condividerne la vita.
È l’immersione (battesimo) nella vita del Dio rivelato da Gesù, un Dio amore, che è rapporto tra d’amore tra le tre divine Persone e nel quale siamo coinvolti, battezzati.
Missione impossibile? Non più, perché non vanno di propria iniziativa, li manda colui che ha ogni autorità in cielo e in terra, e li investe della sua stessa autorità e forza. Ormai egli sarà sempre con loro e sarà lui a guidarli e ad operare in loro. Siamo così alla terza parola:

“Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (28, 20).
Il Vangelo si era aperto con l’annuncio dell’Emmanuele, il Dio con noi (1, 23), a metà aveva promesso la sua presenza tra quanti fosse stati uniti nel suo nome (18, 20), ed ora l’assicurazione che Dio sceso tra noi rimarrà per sempre con noi.
È con questa parola che si chiude il Vangelo.
Il libro del Vangelo si chiude, ma Egli rimane, “tutti i giorni, fino alla fine del mondo”.

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