giovedì 16 aprile 2020

Le parole del Risorto / 1


Maria di Magdala e l’altra Maria s’erano sedute di fronte alla tomba appena chiusa dalla grande pietra. Furono le sole a restare, fin quando si fece sera. Una sepoltura troppo veloce. Non avevano avuto il tempo di piangere il loro Signore.
Dopo il sabato, all’alba del primo giorno della settimana, tornarono al sepolcro. Volevano semplicemente visitare la tomba, stare vicino al loro Signore morto, sciogliere il lamento funebre.
D’improvviso il terremoto, la pietra rivoltata, l’angelo con un vestito bianco come la neve, l’annuncio della risurrezione, la corsa per dare l’annuncio ai discepoli.
Ed ecco per strada il Signore in persona: “Gesù venne loro incontro”.
È il primo dei due racconti di risurrezione che ci ha trasmesso Matteo.

Il primo verbo del Risorto è un verbo di movimento: Gesù “va incontro”. L’iniziativa, come sempre è sua. Il Signore ci viene incontro, sempre, anche quando non ce l’aspettiamo, quando più ne abbiamo bisogno.
È risorto per questo, per venirci incontro lungo la nostra strada.
Non siamo mai soli.

Si rivela innanzitutto a due donne, Maria di Magdala e l’altra Maria, che dal confronto col Vangelo di Marco potrebbe essere la madre di Ioses (15, 47) o di Giacomo (16, 1).
All’inizio del Vangelo si era rivelato agli uomini, alla fine alle donne, le discepole più fedeli, che più l’hanno amato, che mai l’hanno abbandonato.
Le donne, le prime!

La prima parola del Risorto è “Rallegratevi”: chairete, la stessa parola rivolta a un’altra donna, Maria di Nazaret. Allora era stato un angelo, ora è il Signore in persona che invita alla gioia. Allora era la gioia della venuta di Dio nel mondo, adesso del suo nuovo avvento nella luce della risurrezione.
Nel Vangelo di Matteo abbiamo ascoltato questa stessa parola, chaire, pronunciata come una bestemmia: “chaire, maestro”, gli dice Giuda baciandolo (26, 42); “chaire,
re dei Giudei”, gli dicono i soldati dopo averli posto sul capo la corona di spine (27, 29).
L’annuncio di Gesù Risorto è di una gioia vera. Se la morte si è trasformata in vita, ogni altre situazione di tristezza, di insicurezza, di sofferenza può trasformarsi e mutare in gioia. Gesù Risorto ne è la garanzia. 
L’apostolo Paolo se ne farà eco innumerevoli volte: “Siate lieti nella speranza” (Rm 12, 12); “Siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti” (Fil 4, 4); “Siate sempre lieti” (1 Tess 3, 9).
La gioia che provano le donne è evidente: cadono ai piedi di Gesù, lo abbracciano, lo adorano.

Poi un invito, che torna costantemente lungo tutta la Scrittura: “Non temete”.
È una parola rivolta a tutti i discepoli, aperta ai secoli futuri. Vi saranno le persecuzioni, le incomprensioni, gli sbagli… “Non temete”, perché lungo la strada, a ogni difficoltà, il Signore ci viene incontro.

Infine il mandato: “Andare ad annunciare ai miei fratelli che vadano in Galilea: là mi vedranno” (Mt 28, 9-10).
L’incontro con il Risorto si risolve sempre in missione. La fede, la luce, l’esperienza vanno condivise.
Come ha fatto Paolo: “A voi infatti ho trasmesso, anzitutto, quello che anch'io ho ricevuto, cioè che Cristo morì per i nostri peccati secondo le Scritture e che fu sepolto e che è risorto il terzo giorno secondo le Scritture” (1 Cor 15, 3-4).
Tutti, sempre, missionari.


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