
Quando
entri in una cattedrale medievale come questa sei subito attratto dall’architettura,
dalla visione d’insieme che ti prende per la sua eleganza e la sua finezza. Colonne
possenti che si alzano agili, in armonia; gli archi che si incrociano e si
rincorrono sempre più in altro e si perdono tra una navata e l’altra verso
spazi che sembrano infiniti e insieme sapientemente misurati.
Dopo
la prima impressione le forme si compongono e si armonizzano tra le navi, il
transetto, il coro. Poi guardi indietro e il rosone appare in tutta la sua lucente
maestosità. Vedi aprirsi le cappelle, varchi nascosti, l’organo.
La
chiesa comincia infine a popolarsi di santi e di storie bibliche: statue, affreschi,
quadri che raccontano di martirii, di miracoli…
Puoi
passare delle ore ad abbracciare l’insieme e a lasciti abbracciare dalle linee
che s’innalzano, s’incrociano, si perdono lontane.

Occorrono
giorni e giorni per scoprili, ammirarli, lasciarli parlare…
La contemplazione
nasce anche da questo. I nostri antichi sapevano fermarsi e guardare, non
andavano in fretta come noi oggi.
Capisco meglio il passaparola di oggi: “Fare
piccole cose con grande amore”.
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