venerdì 9 novembre 2018

La verità si fa strada da sola

Sandro Magister, uno dei maggiori vaticanisti, in questi giorni rilancia quella che chiama “la più tagliente critica finora pubblicata del pensiero teologico di Chiara Lubich”, ad opera di Jean-Marie Hennaux, un professore della facoltà di teologia della Compagnia di Gesù a Bruxelles.
Davanti a tanto professore, Gesuita, io sono soltanto un piccolo professore di Roma; una volta si diceva: “Doctor romanus, asinus lovaniensis”. Sono poi figlio di sant’Eugenio de Mazenod che aveva un complesso di inferiorità davanti ai Gesuiti…
Eppure in questo caso non vale il nome o il titolo, valgono gli argomenti, ed io di argomenti sulla positività del pensiero di Chiara criticato da Hennaux ne ho dati, penso, di convincenti. Li ho scritti per la rivista “Nouvelle Revue Théologique” che, per motivi di convenienza, non li potrà pubblicare. Ripiego allora su “Nuova Umanità”.
Non ho neppure qualcuno della levatura di Magister per prendere in considerazione le mie argomentazioni. Oltre ai 2-300 lettori del mio blog non ho altri strumenti di amplificazione.
La verità si fa comunque strada da sola.

Il mio articolo per “Nuova Umanità” si chiude con alcune citazioni armoniose della visione di Chiara sull’unità.
Sull’analogia trinitaria riporto, ad esempio, uno scritto del 28 ottobre 1949: «E quando due anime s’incontrano sono due Cieli che s’uniscono e danno alle due anime gioia e pace e serenità e luce e ardore “alla Trinità” (ossia un modo di essere che rispecchia la Trinità)».
La distinzione e la ricchezza della diversità delle persone che, sul modello trinitario, le rende “desiderabili e amabili”, era già apparsa il 15 ottobre 1949: Dio «non illuminò due anime ugualmente ‒ come i Tre nella Trinità non sono uguali ma Persone distinte ‒ ed a ciascuna diede la sua bellezza perché fossero desiderabili ed amabili dalle altre e nell’amore (che era la sostanza comune nella quale si riconoscevano uno e sé stesse in ciascun’altra) si ricomponessero all’Uno che le aveva ricreate con la sua Luce che è Se stesso».
Il paradigma trinitario è nuovamente presente con limpidezza il 27 marzo 1950: «Quanto più ci consumeremo in uno, tanto più acquisteremo la virtù dell’altro («omnia mea tua sunt»), in modo che saremo tutti uno, ciascuno l’altro, ognuno Gesù. Saremo tante persone uguali, ma distinte, perché le virtù in noi saranno rivestite dalla virtù caratteristica che formerà la nostra personalità.
Rispecchieremo la Trinità dove il Padre è distinto dal Figlio e dallo Spirito, pur contenendo in Sé Figlio e Spirito. Uguale quindi allo Spirito, che contiene in Sé e Padre e Figlio, e al Figlio che contiene in Sé e Padre e Spirito Santo».
Sono soltanto alcuni dei molteplici esempi della ricchezza della comprensione che Chiara Lubich mostra di possedere nell’articolare il tema dell’unità e del rispetto della diversità.
Questa ricca comprensione ha fatto dire al carmelitano Jesús Castellano Cervera, riconosciuto esperto della spiritualità cristiana, che «questa spiritualità dell’unità porta una novità nella vita cristiana, nell’ascesi, nell’apostolato, nella stessa mistica. […] Una novità verificata nelle esigenze di vita nuova e nei frutti prodotti».
Purtroppo Jean-Marie Hennaux ha avuto a disposizione un solo testo… e fuori contesto. Mi auguro che possa leggere con più ampiezza gli scritti di Chiara. Sicuramente rivedrebbe il suo giudizio.


1 commento:

  1. Grazie! Sono una dei 300 lettori del blog, che leggo con gioia quotidianamente trovando sempre tanta luce. Giovanna

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