Dove sono finiti i missionari di una
volta, quelli che partivano per Paesi lontani e difficili, che stavano accanto
alla gente, quelli ai quali mandavamo gli aiuti perché eravamo sicuri che
sarebbero arrivati direttamente ai poveri senza perdersi nei rivoli della
burocrazia o della corruzione? Quei missionari leggendari e dall’alone romantico…
ci sono ancora. Non sono né leggendari né vivono in un mondo d’avventura, ma
continuano ad essere presenti tra gli ultimi della terra, condividendo con loro
beni, incertezze, speranze. Ne incontro molti nei miei frequenti viaggi.
Nel più recente, giungo ad Antsirabe, cittadina ariosa e piena di verde
sugli altipiani del Madagascar:
poche auto, numerosi carri con i buoi, ancora più numerosi i “pouss-pouss” (risciò locali trainati da
uomini che corrono veloci a piedi nudi), frotte di persone che si muovono a
piedi in file interminabili ai margini della lunga strada che attraversa la
cittadina… e una prigione con cinquecento carcerati. Incontro una comunità di Suore
Francescane Missionarie: una polacca, una zairese, due malgasce. Mi parlano dei
carcerati e delle condizioni disumane in cui vivono. Le famiglie devono
provvedere loro il cibo quotidiano, ma metà dei detenuti non hanno famiglia o abita
in villaggi lontani. A turno le cinque comunità di missionari e missionarie
della città ogni giorno vanno alla prigione e servono duecento cinquanta pasti.
Le suore che mi ospitano coltivano un grande orto a questo scopo e si
industriano in mille modi per preparare i loro duecento cinquanta pasti a
settimana.
Tamatave, cittadina sul litorale. Il
clima e l’ambiente cambiano drasticamente rispetto all’altopiano: caldo
opprimente, paludismo... I missionari Oblati partono a piedi, più volte
all’anno, per tournée di un mese nei villaggi rurali dell’interno,
attraversando acquitrini e andando incontro a malaria e parassiti… Mi colpisce il
loro “apostolato del mare”, rivolto ai pescatori, una delle classi più povere.
Le grandi navi della Cina pescano con sistemi industriali; ai pescatori
tradizionali rimane ben poco pesce. Con le loro fragili piroghe sono obbligati
ad inoltrarsi sempre più al largo, con sempre maggiori pericoli. I missionari riescono
a rifornire ad ogni pescatore nuove imbarcazioni, giubbotti salvagenti, reti. Organizzano
per loro incontri di formazione, sostengono le famiglie, gestiscono mense per i
bambini... Lavoro capillare, semplice, che dà dignità, sicurezza…
I missionari di oggi, come quelli di
una volta, danno e si danno. Cosa ricevono in contraccambio? Una gioia, che
leggo sul volto di ognuno di loro.
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